In Finlandia, l’omicidio è considerato il crimine più grave contemplato dalla legge, insieme a quello di terrorismo e di attentato contro lo stato.
E, quando poi lascia un lunghissimo velo di mistero, è ancora più pesante.
Ripiombiamo indietro di ben 60 anni, e con il calendario scendiamo fino al 5 giugno 1960.
A circa 20Km dalla capitale Helsinki, si trova il piccolo lago di Bodom, dove accade un efferato crimine. Quattro giovani, due ragazze quindicenni e due ragazzi vicini alla maggiore età, decidono di trascorrere alcuni giorni di vacanza in campeggio, sulle rive del lago. Non sanno ancora che andranno incontro a una carneficina e soltanto uno ne sarà risparmiato. Che sarà poi il principale accusato della mattanza.
I fatti, allora, sarebbero questi.
Nils Gustafsson, Seppo Boisman, Tuulikki Mäki e Irmeli Björklund, questi i nomi dei protagonisti, erano intenti a dormire nella loro tenda, sicuri che niente potesse accadere. All’improvviso, però, nel cuore della notte, si consuma una classica scena da film dell’orrore. Un misterioso uomo avrebbe squarciato con un coltello la tenda e si sarebbe poi avventato, armato di ascia, con furia incontrollabile, sui corpi dei ragazzi, infierendo anche e soprattutto quando ormai erano senza vita. L’unico che sopravvive, Nils Wilhelm Gustafsson, lo fa grazie al puro istinto, fingendosi morto, nel terrore più profondo nonostante le ferite, cosicché il killer lo lascia da parte.
Si sarebbe finto immobile per ore, avrebbe atteso che l’assassino terminasse la sua opera e poi avrebbe cercato aiuto.
Tutto si sarebbe consumato tra le 4 e le 6 del mattino. La polizia arriva sul posto a mezzogiorno, allertati da un carpentiere che aveva scoperto tutto poco più di 60 minuti prima.
Poi, però, c’è poco da dire, perché dalle indagini non emerge alcuna novità e il silenzio regna incontrastato per 12 anni. Quando, poi, nel 1972, arriva una notizia scioccante. Un uomo annuncia nella lettera con cui accompagna il suicidio di essere l’omicida del lago Bodom. Di lui si sa poco, e soltanto che lavorava in un chiosco vicino al lago e che le vittime erano clienti, a cui aveva venduto della limonata. Li avrebbe massacrati perché aveva avuto uno screzio con loro. Peccato, però, che ulteriori inchieste hanno messo in luce che quest’uomo aveva un alibi: quella notte del 5 giugno del 1960 dormiva a casa sua insieme alla moglie.
Perché si è ucciso, allora? Mistero nel mistero. Dopo questa parentesi, ripiomba la notte per oltre 30 anni. Finchè, nel 2004, accade un colpo di scena. Davvero imprevedibile. Nils Gustafsson, si proprio l’unico sopravvissuto, è arrestato con l’accusa di omicidio plurimo. E qualche mese dopo, a principio del 2005, l’Ufficio nazionale delle indagini dichiara che il caso era chiuso sulla base delle indagini sulle macchie di sangue: Gustafsson avrebbe avuto un eccesso di violenza a causa della gelosia che provava per la sua nuova ragazza, Irmeli Björklund.
Le sorprese, però, non sono finite. Il processo a cui è sottoposto non solo si conclude con un’assoluzione, ma condanna addirittura lo Stato finlandese a risarcirgli quasi 45mila euro per i danni, morali e psichici, che gli sono stati inflitti.
Fine delle trasmissioni. Per ora o per sempre?