La sua “testa” era ormai desiderata da mesi. Da almeno 12 consiglieri, firmatari della proposta di revoca, e dallo stesso sindaco che, nella seduta del 9 dicembre, senza mezzi termini, gli aveva addebitato le colpe del mancato approdo in assise di regolamenti importanti per la città (leggi qui: https://bit.ly/2E4T7Ik). Ma non è bastato.
Vito Antonio Labianca era, è e resta presidente del Consiglio comunale bitontino.
Un risultato inaspettato e sorprendente per tutti. La maggioranza ormai allargatissima, grazie anche all’ingresso del gruppo Iniziativa Democratica, avrebbe infatti avuto tutti i numeri per defenestrare Labianca e far largo ai nuovi pretendenti.
A salvare il rappresentante del movimento guidato da Anita Maurodinoia (il cui marito ha partecipato all’intera seduta, restando seduto tra il pubblico) è stata però la votazione segreta e, più o meno consapevolmente, coloro che l’hanno proposta. Vale a dire Carmela Rossiello (Forza Italia), il gruppo di Bitonto Riformista, composto dal socialista Franco Scauro e da Franco Natilla, e Michele Daucelli, unico consigliere di maggioranza a sostenere la causa.
Il parere, secondo il segretario generale Salvatore Bonasia, era infatti un giudizio sulle qualità morali e professionali del presidente. Situazione per cui il regolamento ammetterebbe di procedere a votazione non palese, a patto che la stessa sia richiesta da almeno 3 consiglieri.
Il metodo, non gradito ad alcuni componenti della maggioranza, ha permesso ad altri, forti dell’anonimato, di rinnegare l’amministrazione.
Oltre all’opposizione, a vanificare l’intera operazione, ci hanno pensato infatti due “franchi tiratori”, per cui è caccia aperta.
Dallo spoglio dei voti, affidato agli scrutatori Lacetera, Putignano e Caldara, sono risultati infatti 15 voti a favore della revoca, 7 no e una scheda bianca.
Per far diventare la “sfiducia” realtà sarebbero bastati 17 sì, ossia i due terzi più uno dei consiglieri.
A “mancare all’appello” sono dunque due voti. Due, come i franchi tiratori, su cui i nomi si sprecano, ma anche come gli assenti: Rucci e Ciminiello (che sarebbe fuori dalla Puglia per lavoro), entrambi firmatari della proposta.
Il grande sconfitto è dunque Michele Abbaticchio. Il sindaco ora dovrà far i conti con una maggioranza meno fedele del previsto, dovrà guarire i mal di pancia degli scontenti e dovrà affrontare il probabile addio di “Sud al Centro”.
Labianca, grato ai consiglieri per la fiducia, non ha infatti gradito la trovata del primo cittadino e dei suoi. Idem i suoi sodali, come si evince dagli interventi di ieri di Arcangelo Putignano e di Marida Milo Milo.
“Non è stato sicuramente deontologicamente corretto inserire nel titolo e/o oggetto della proposta deliberativa il nome e cognome del Presidente del Consiglio – ha subito denunciato il capogruppo –. La motivazione di detta dispiacenza è del tutto evidente ove si consideri che, la prevista pubblicazione dell’o.d.g. della seduta consiliare e la conseguente diffusione del contenuto della medesima, nei confronti dell’intera cittadinanza ha potuto sicuramente ingenerare nella stessa, ignara dei meccanismi e dei risvolti istituzionali che afferiscono la vicenda in oggetto, pericolose fantasie interpretative e valutative”.
Smontando ad una ad una tutte le contestazioni, Putignano ha dimostrato che “non vi è chi non veda l’assoluta infondatezza e inconferenza delle motivazioni addotte per la richiesta di revoca del Presidente del Consiglio” e ha richiamato la sentenza del TAR per situazione analoga.
“Il Presidente del Consiglio non è mai venuto meno ai propri doveri istituzionali di assicurare una corretta dialettica tra maggioranza e minoranza, né ha mai impedito non solo l’espletamento ma anche lo svolgimento dei lavori degli organi collegiali del Comune. Da ultimo pure, ribadendo che, ad onta di quanto affermato dai consiglieri proponenti, il Presidente del consiglio non si è mai sottratto alla convocazione della commissione consiliare di sua competenza, nonché del consiglio comunale, e ribadendo altresì le motivazioni afferenti il mancato esame da parte del consiglio comunale delle modifiche proposte agli atti regolamentari, è opportuno e necessario precisare che giammai i consiglieri comunali, che oggi si dolgono di assunte mancate convocazioni di organi consiliari, non abbiano mai attivato la possibilità, loro concessa, dagli art. 9.5 e 19 dello Statuto comunale di convocare il consiglio in ordine alle problematiche sollevate. Da ultimo e in ossequio ai principi giurisprudenziali, innanzi richiamati, va anche detto che allorquando il Presidente del Consiglio non ottemperi alla convocazione dello stesso, su proposta su un quinto dei consiglieri, la sanzione non è giammai la revoca dell’incarico, bensì è solo previa diffida il potere sostitutorio del prefetto. La proposta agli atti, quindi, non può, per tutte le considerazioni anzidette e per l’assenza e incongruità di motivazioni, che essere rigettata” ha concluso l’ex delegato sindaco di Palombaio.
Il pensiero di Labianca è stato invece letto da Marida Milo Milo. “La revoca di questo ruolo, proposta da una parte di consiglieri comunali, non può fondarsi su apprezzamenti di carattere politico, ma deve porsi nel solco del perseguimento delle finalità normative” si legge nella nota, in cui il presidente risponde ad ogni accusa.
“Non vi è circostanza dalla quale dedurre un’assenza di neutralità nell’operato del Presidente. È evidente che vi sia una carenza di motivazione, un travisamento dei fatti, una contraddittorietà degli stessi. Emerge un’arbitrarietà nella richiesta di revoca, che non è scevra da chiare opportunità politiche. Non vi è presupposto tale da legittimare una revoca di questo ruolo” dichiara in conclusione.
Alla luce dell’esito della votazione, come si muoverà “Sud al Centro”? Abbandonerà la coalizione? E cosa faranno sindaco e maggioranza?
Il futuro dell’amministrazione si scriverà nelle prossime settimane. E il terremoto a Palazzo Gentile sembra appena cominciato.