Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Egregio direttore,
con questa lettera voglio esprimere tutta la mia gratitudine al reparto di Chirurgia Generale dell’”Ospedale San Paolo” di Bari.
Qualche mese fa, a mio marito è stato diagnosticato un tumore al retto. E’ stato operato in un’altra struttura ospedaliera e, fortunatamente, l’intervento è andato bene. I problemi, però, si sono presentati nella fase post-operatoria. Chi ha subìto una stomia (un’apertura sull’addome che, nel momento in cui l’apparato digerente non è più funzionale, permette la fuoriuscita diretta delle feci in una sacca esterna) o chi ha un familiare a cui è stata praticata, conosce bene le ‘scomodità’ cui si va incontro.
La possibilità che la sacca non aderisca bene, il rischio di sporcare e di sporcarsi, l’imbarazzo di emanare cattivi odori improvvisi, diventano prospettive con cui convivere quotidianamente.
La necessità o il piacere di uscire di casa possono trasformarsi, in un attimo, in disagio. Coi bisogni fisiologici la lotta, purtroppo, è impari: l’hanno sempre vinta loro.
E’ esattamente quello che è successo a mio marito: una volta dimesso dall’ospedale, era ancora troppo magro e la placca della stomia troppo grande e poco aderente. Risultato: si sporcava ovunque e le zone interessate erano continuamente arrossate. Siamo tornati nella struttura ospedaliera in cui era stato operato, sperando in una soluzione: la risposta, in sostanza, è stata che dovevamo risolvercela da noi.
Ed ecco che entra in gioco l’Ospedale San Paolo: ci siamo rivolti qui (su consiglio di un’altra persona che ha subìto lo stesso intervento di mio marito) ed è stata una salvezza. Il reparto di Chirurgia Generale – in particolare nelle persone del dottor De Mundo Michele e del dottor Dagostino Vito, dell’infermiere stomaterapista Lafranceschina Pantaleo e dell’infermiera Morena Anna Caserta – si è subito messo a disposizione. Avrebbero potuto tranquillamente rimandarci all’ospedale in cui era avvenuta l’operazione, e invece ci hanno accolto: considerata la gravità della situazione, hanno medicato mio marito, “da esterno”, per oltre 15 giorni. Quotidianamente, appena avevano un momento un po’ più libero, ci chiamavano e cambiavano la sacca: da quel momento non si è mossa più.
E’ stata una benedizione.
Ci tengo a ringraziare pubblicamente questi professionisti non solo per il lavoro svolto, ma, soprattutto, per come lo hanno svolto. Al contrario dell’altro ospedale, qui non abbiamo mai avuto l’impressione di essere trattati come se ci stessero facendo un favore. Lo ripeto: l’operazione è stata fatta altrove, noi eravamo, come dire, ‘ospiti’: avrebbero potuto facilmente sbolognarci. Non solo ci hanno accolto: ci hanno anche riservato tanta, tanta umanità. Lo so che può suonare retorico, ed il ricatto della retorica non aiuta nessuna causa, ma sono sincera: in momenti come questi, in cui la pazienza inizia a vacillare e la vulnerabilità è massima, ricevere un sorriso, una pacca sulla spalla, una parola gentile, insomma capire che dall’altra parte c’è qualcuno che, oltre a curarti, empatizza con te, conosce e rispetta la tua sofferenza, aiuta moltissimo.
Con medici ed infermieri così, siamo certi che il giuramento di Ippocrate venga onorato ogni giorno. E noi, pazienti e familiari, non possiamo che essergliene grati.