Archiviata nel ’54 la tanto famigerata quanto fallimentare (per i suoi ideatori) “legge truffa”, nel ’58, si torna a votare per le elezioni politiche, per la formazione della terza legislatura, con una legge elettorale puramente proporzionale. In Italia, la seconda legislatura (1953-1958) aveva visto alternarsi ben sei governi, a guida Dc, con il sostegno del Psdi, del Pli e del Pri. Un’instabilità aggravata dalla mancanza di una leadership riconosciuta all’interno della Democrazia Cristiana, che, tuttavia, non aveva intaccato La forte instabilità e l’assenza di una leadership chiara, come era stata quella dello scomparso De Gasperi, morto nel ’54. Tutto ciò, però, non fu di ostacolo a quella ripresa economica che era in atto sin dal dopoguerra.
Nel ’58, Bitonto quell’anno fu colpita da una grandinata che compromise il raccolto dell’uva e, in misura minore, delle mandorle e delle olive. Furono particolarmente colpiti gli assegnatari della riforma agraria, insieme ai coltivatori diretti, costretti a chiedere indennizzi per i danni subiti dal maltempo. Fu anche l’ano della posa della prima pietra della Basilica dei Santi Medici e delle dimissioni, dal ruolo di sindaco, di Angelo Custode Masciale, a seguito della sua candidatura al senato che lo costrinse a lasciare Palazzo Gentile dopo due anni dalla sua seconda nomina. Il 5 e il 10 aprile fu convocato il consiglio comunale con la nomina del nuovo sindaco come ordine del giorno. Tuttavia, la mancanza del numero legale fece slittare la seduta, tanto da costringere il prefetto a ritenerla non più rimandabile e a indirla per il 17, in prima, o il 18 in seconda convocazione. Fu nominato, al posto del sindaco dimissionario, il socialista Vito De Santis, per completare il mandato fino alla scadenza naturale, nel ’60, determinerà la prematura fine dell’amministrazione e la sostituzione con il commissario prefettizio Gustavo Prezzolini e la fine del primo decennio di governo cittadino socialista.
Nella campagna elettorale di quell’anno, un ospite illustre visitò Bitonto. Si trattò dell’allora ministro della Pubblica Istruzione Aldo Moro, che tenne, a Bitonto, un comizio, dopo aver visitato Mariotto e Palombaio. Un comizio in cui mise all’erta l’elettorato bitontino dal “pericolo comunista” e dai partiti di destra, “anche di nobili tradizioni, ma con scarso contatto con le grandi masse di popolo”, che non possono costituire un vero ostacolo ai comunisti: «La Dc rappresenta l’unica garanzia di sintesi armonica del passato e dell’avvenire, l’unica via che permette di soddisfare, senza passare attraverso rivoluzioni di sangue, quella feconda ansia di solidarietà umana».
Il Psi, invece, secondo Moro, andava ridimensionato, in modo che venisse allo scoperto, presentandosi o filocomunista o autonomista: «La Dc è sempre e più che mai l’unica forza di coesione spirituale del popolo italiano».
Per la Dc parlò anche il senatore Nicola Angelini, nuovamente candidato e presentato dall’allora segretario del partito Marrone. Ricordando il ruolo dello scudo crociato nell’aver dato “tranquillità di vita e di lavoro” ad una nazione “materialmente e moralmente ferita”, Angelini sottolineò gli sforzi fatti dal governo a guida democristiana in favore dei coltivatori diretti, degli artigiani, dei pensionati e dei disoccupati, nonostante l’”opera sabotatrice dei partiti di opposizione”.
Oltre a lui, erano candidati al Senato, nel collegio di Bitonto, Giovanni Ripoli (Pci), Francesco Rogadeo (Pnm), (già senatore che, tuttavia, non fu eletto in quanto il risultato dei monarchici fu di gran lunga inferiore a quello del ’53), Vincenzo Zaccaria (Psdi), il già citato Angelo Custode Masciale (Psi), Pietro De Santis (Pmp), Michele Cifarelli (Pri-Partito Radicale), Ernesto De Marzio (Msi), Florenzo Pansini (Pli).
Michele De Capua, candidato per la Camera sempre per la Dc, fece, invece, un tour tra le province di Bari e Foggia, parlando, nei suoi comizi, dei problemi dei giovani, della qualificazione della manodopera, dell’intensificazione della costruzione di case, asili, chiese e altre opere sociali, per aiutare i lavoratori e per “una migliore formazione delle coscienze giovanili”.
Ad avere qualche problema, durante le settimane di campagna elettorale, fu il biscegliese Domenico De Feo, denunciato per apologia di fascismo perché, durante un comizio nella nostra città, tenutosi il 13 maggio, elogiò Mussolini e le sue leggi.
Alta fu l’affluenza alle urne e Bitonto registrò la percentuale di votanti più alta della Provincia di Bari, raggiugendo già nel primo giorno di votazioni, l’82,91%. Alla fine della seconda giornata si raggiunse il 93,36%.
Ad ottenere più voti fu la Dc, che solo a Bitonto, alla Camera, raggiunse 7999 preferenze, contro le 4970 del Psi e le 4217 del Pci. I monarchici, ben ontani dall’exploit di cinque anni prima, ebbero 983 voti, il Msi 730, il Psdi 308, i monarchici popolari 109, il Pli 101 e i repubblicani, che accoglievano, in lista, anche i radicali, 38.
Tra i candidati bitontini furono eletti Italo Giulio Caiati, al primo posto nella circoscrizione salentina, e Michele De Capua.
Al Senato, invece, la Dc, nel collegio bitontino, elesse Nicola Angelini grazie alle sue 42982 preferenze ottenute. Anche il Psi, con 17582 voti, riuscì ad eleggere Masciale. Il Pci ebbe, invece, 14843 voti, non sufficienti a portare a Palazzo Madama Ripoli. Non sufficienti, come già accennato, furono anche i 9160 voti del monarchico Rogadeo. Il Msi si fermò a 4685 suffragi, i monarchici popolari a 2579, i socialdemocratici a 1215, repubblicani e radicali a 1001 e, infine, i liberali a 598.
Dc e socialisti videro, dunque, in quelle consultazioni elettorali, un aumento dei propri elettori. I comunisti si mantennero stabili, mentre ad ottenere un brusco calo fu la destra, sia quella missina che quella monarchica, quest’ultima divisa, dopo la scissione di Achille Lauro e la nascita del Partito Monarchico Popolare.