Sono scesi in strada e hanno aderito tutti allo sciopero i lavoratori dello stabilimento Bosch di Bari. Uno sciopero indetto da Cgil, Cisl e Uil dopo l’annuncio, nei giorni scorsi, da parte del gruppo tedesco di 620 esuberi, entro il 2022, nell’impianto pugliese che produce componentistica per i motori diesel e 267 milioni di fatturato, ma che ha annunciato di voler dismetterne la produzione nel giro di due anni, con un calo naturale dei volumi produttivi, a causa delle normative europee che che spingono verso la conversione della produzione e la messa al bando dei motori tradizionali.
«C’è, quindi, un cambio della domanda, in prospettiva futura. Un calo dei volumi produttivi causato da un attacco al settore dell’automotive, attraverso pratiche come il car sharing, il car pooling e tutta una serie di incentivazioni all’uso dei mezzi pubblici» spiega Enzo Lorusso, della Uilm, sottolineando come, dunque, la previsione delle immatricolazioni di nuove auto, in una prospettiva di 5 o 6 anni, sia in netto calo motivo: «Oggi è doveroso mandare un messaggio chiaro alla Germania e al governo, perché noi abbiamo bisogno di un tavolo di emergenza, per capire come non soltanto la Bosch, ma anche le altre aziende che, in Italia, si occupano di componentistica per motori a diesel e benzina, possano iniziare la riconversione industriale».
640 lavoratori su 1840, dunque, rischiano il posto di lavoro. Circa un terzo del totale.
Una manifestazione di protesta, quella di ieri mattina, organizzata mentre era in corso l’incontro convocato a Roma, nella sede del ministero per lo Sviluppo economico, tra sindacati, azienda e Regione Puglia. Un incontro in cui il governo ha chiesto alla multinazionale di avere un confronto con il management europeo, ma che non era stato, al momento, chiesto dai sindacati, come denuncia Franco Busto, segretario generale Uilm Bari: «È stato proposto da qualcuno che ha voluto, con questo sdoppiamento delle forze sindacali, minacciare questa manifestazione. Qualcuno che pensava che questa manifestazione oggi non dovesse farsi. Invece siamo qui e l’abbiamo fatta. Abbiamo la necessità di sederci attorno ad un tavolo per stabilire quali siano le attività lavorative da portare a Bari. C’è già un accordo del 2017, in cui l’azienda si impegnò a portare qui produzioni alternative come la meccanica fine. Non è possibile che una realtà industriale che è prima in provincia di Bari e seconda in Puglia, dopo l’Ilva, abbia questi problemi».
Considerazione, quest’ultima, fatta propria anche dal Domenico De Santis, consigliere per gli Enti Locali del presidente della Regione Puglia, che assicura che il presidente Emiliano ci metterà la faccia su questa vertenza: «Riteniamo che lo stabilimento Bosch non debba dismettere o licenziare. Siamo disponibili a mettere tutte le risorse necessarie affinché queste opzioni siano escluse».