Amor omnia vincit. Non paia esagerata, agli affezionati lettori, la citazione virgiliana che poniamo in incipit alla recensione dell’ultima fatica letteraria (e non solo) di Pasquale Fallacara, dal titolo “Fede rurale – antiche chiesette rurali ed edicole votive nel contado di Bitonto”.
Spiego il perché. Un tempo, illuso e perditore come sempre, credevo che le pietre sopravvivessero agli uomini e fossero testimonianza di una storia più vera e incrollabile di quella tramandataci da chi l’ha vissuta e scritta. Già, mute e secolari sentinelle essendo, vedevano scorrere l’umanità, resistendo all’usura del tempo.
Poi, però, mi sono reso conto che non avevo preso in considerazione la mano dell’uomo stesso, che sa essere invida, torva, distruttrice.
E, allora, urge che ci sia qualcuno dotato d’un cuore innamorato della propria terra, del borgo natio, della culla ricevuta per destino, per serbare la traccia indelebile di quello che altri, forse dimentichi della bellezza e dell’arte, hanno azzerato e ancora contribuiscono a farne crudelmente strame.
Così, somma è la gratitudine che rivolgiamo a Pasquale, che, instancabile, tiene in vita la memoria delle cose meravigliose che furono.
Saggi, pubblicazioni su riviste, studi vari – che gli hanno meritato premi pure nazionali e lettere ammirate, fra gli altri, dei ministri Urbani e Franceschini, del presidente Sergio Mattarella e di Papa Francesco -, quasi tutti dedicati all’agerbotontinuse a quanto di più prezioso ci hanno lasciato in eredità i populibutuntinenses, come bene scrive nell’introduzione Michele Muschitiello, altro ineguagliabile speleologo dell’anima nostra.
E, dunque, prendendo slancio dai contributi, come di consueto pertinenti e acuti, del compianto Michele D’Elia, ex Direttore dell’istituto Centrale del Restauro, e dell’inossidabile Antonio Castellano, ispettore onorario della Sovrintendenza, ci si avventura piacevolmente e diremmo oniricamente (grazie anche alle illustrazioni di LuciaCiliberti) fra graziose chiesette perdute in un mare di ulivi e muretti a secco, e vigili piccole edicole votive, presenze insostituibili per chi viveva ancora secondo le regole della natura e della fede. I campi si animavano di misteriosa e pur solida spiritualità, che rendeva più buoni chi la praticava cotidie.
Ci vengono incontro, col fascino di un dono e la forza di un monito invisibile e assordante, il fantasma di Sant’Aneta uccisa dalle ruspe, gli affreschi purtroppo deteriorati di Torre Santa Croce e Torre Sant’Eustachio, il piccolo portale con arco romanico di San Benedetto de Fractae il campaniletto della cara a molti Annunziata e le sue rapinose pitture murali, i resti dell‘Eremo di San Sebastiano, la solidità di TorreSant’Egidio e poi le minuscole case dei santi sparse qui e là, a perenne memento di quanto siamo stati devoti.
Si resta col fiato sospeso, al termine di questo torno di pagine suadenti e piene di stupore, e consola poter contare su persone come Pasquale Fallacara, il Carabiniere dell’arte e della memoria.