L’arte è spirituale per definizione. Indaga con idee, immagini e colori le pieghe più recondite dell’anima dell’uomo. Per questo non vi è momento più acconcio della Pasqua per meditare sul connubio stretto fra la facoltà creatrice di un artista e la profondità dolente e misteriosa della Passione di Gesù Cristo.
Così, un cuore ferito che lacrima sangue, un meriggio affocato di tristezza, un paesaggio sospeso e lirico, persino una pala d’altare che immortala l’istante cruciale del sacrificio del Figlio di Dio. Tutto questo è stato la terza edizione di Sacro e Dissacro, la mostra realizzata (dal 14 al 24 aprile) dall’infaticabile Damiano Bove, che con fiuto impeccabile ha messo insieme nella graziosa sede dell’associazione Mò Heart, in via San Giorgio 14, sulle mura di Porta Robustina, le opere di autori tutti interessanti e originali come Enzo Palazzo, Francesco Cannone, Piero Morelli, Vito Fiore, Marzenna Schmidlin, Delio Marotta, Teresa Marotta, Pace Potenzieri, Vito Moretti, Daniela Pagliaro, Teresa Castro, Francesco Lisco, Antonio Rossiello, Angela Urbano e Damiano Bitritto.
“La sacralità è un concetto che abbraccia molti significati oltre a quello religioso – bene ha detto la poetessa Tina De Santis il giorno della inaugurazione, allietata dalle ballate popolari dei simpatici Dialet Story -. Il termine sacro deriva dal termine latino arcaico sakros, rinvenuto sul Lapis Niger, sito archeologico romano risalente al VI secolo a.C. indicando onore e culto. La radice sak significa seguire, onorare, adorare riferito ad una divinità strettamente legato alla spiritualità e alla salvezza dell’anima. Il significato del termine si è esteso in seguito a tutto ciò che ha una oggettiva validità diverso da ciò che è ordinario, comune e profano. In questa collettiva di pittura e scultura, possiamo celebrare l’accostamento di oggetti che riconducono al sacro e al profano i cui termini però sono complementari poiché trovano significato l’uno nell’altro. Non può esistere il sacro senza il profano, la dicotomia ha una valenza nella relazione dei termini”.
“Nella concezione religiosa, Dio l’essere perfetto, ha bisogno dell’uomo per completare la sua azione; l’uomo che da solo è impotente di fronte a determinate situazioni, accostandosi a Lui, ne è investito della sua forza attraverso l’opera salvifica dell’amore e della misericordia. La nostra vita diviene sacra come i nostri sentimenti, i valori, le emozioni, le attenzioni che prestiamo alle persone, le azioni quotidiane. E’ il senso che diamo alla dimensione del quotidiano, a rendere sacre anche le piccole cose e i piccoli gesti. Il sublime nasce dalla terra e attraverso l’introspezione scala i vari gradi della spiritualità fino a raggiungere il cielo”, ha saggiamente concluso.