Shangai Surprise è una godibile pellicola dei favolosi anni Ottanta, con Sean Penn e Madonna – coppia sul set e nella vita – nei panni di un venditore di cravatte senza troppa fortuna e di un’infermiera premurosa, i cui destini s’intrecciano in una storia avventurosa e un po’ surreale.
Surreale, nel tennis d’oggi, almeno quanto l’epilogo “Surprise” del Masters 1000 di Shangai, di cui si disputa (mentre scrivo sono 1 a 1 al primo) l’atto conclusivo.
Ebbene sì, in finale ci arrivano due outsider, Arthur Rinderknech e Valentin Vacherot, un francese senza infamia e senza lode ed un Carneade monegasco, che se Manzoni l’avesse conosciuto, ai tempi, ci avrebbe messo pochissimo ad aprire il capitolo otto dei Promessi Sposi. Ma ciò che rende “edito” l’inedito è che i due finalisti di Shangai, primo: non sono Alcaraz o Sinner; e secondo: sono legati da cuginanza. Arthur e Valentin sono infatti cugini di primo grado ed è la prima volta che membri della stessa famiglia si affrontano in una finale professionistica. In semifinale, Arthur ha battuto l’inconsolabile Medvedev e Valentin ha prevalso su Nole Highlander Djokovic, ancora una volta nei panni dell’edificante e pedagogico “vincitore morale”.
Un torneo, quello di Shangai, “ad eliminazione”, come tutti i tornei, ma qui più nel senso letterale del forfait fisico e conseguente abbandono cui sono stati costretti diversi protagonisti annunciati.
Sinner, Fritz, Perricard, lo stesso Djokovic, Fils e Moutet, chi più chi meno, in tanti hanno sofferto disagi e svenimenti per le temperature estreme ed altri fattori ambientali. Panatta ha snocciolato in tv (senza agitare la bacchetta da meteorologo) i dati della stazione meteo: 37 ͦ di calore, 95% di umidità, 84% d’inquinamento, a parziale giustificazione dei ritiri. È scesa in campo, è il caso di dire, persino l’Atp con una email inviata all’agenzia Reuters in cui ha ricordato che “il team dei servizi medici dell’Atp in caso di caldo estremo – vedi Jakub Mensik nella finale junior di qualche anno fa a Melbourne – attua diverse misure a protezione della salute dei tennisti”. Ma, pensando a Jannik, i dolori del giovane Sinner sono da imputare ad altro, forse a una non precisa, un po’ forzata pianificazione degli impegni, ineluttabilmente snaturata dagli iniziali tre mesi di “fermo” dell’altoatesino dal circuito.
Intanto è cominciata la finale francofona, in famiglia. Una famiglia grande quanto una nazione, poiché la Francia pare stia calando i suoi nuovi assi per rinverdire i fasti, lontani, del dualismo Noah-Leconte e poi dei Pioline, Santoro e ancora i Gasquet, Tsonga, Monfils. E poco altro. Certo, non si va indietro fino a Lacoste e Borotra: c’è una sfida cinese tra cugini che bolle in pentola e intriga non poco: Allons enfants de la patrie, le jour de gloire est arrivé…

















