Augurandomi che abbiate passato egregiamente il tempo trascorso dall’ultima rubrica, magari scorrendo le pagine della commedia “Sogno di una notte di mezza estate”, inghiottiti da un regno di maghi, fate e buffoni di corte, credo sia giunto il momento di avviare la seconda parte di questo spazio, dedicato ad indagare su quale possa essere stata la reale identità di William Shakespeare.
Nella scorsa rubrica abbiamo scartato l’ipotesi che il famoso drammaturgo potesse essere associato al ricco mercante William Shakespeare e se non era lui allora chi era? Più di uno ha avanzato l’ipotesi che si potesse trattare del famoso filosofo Francesco Bacone, anche se questa tesi, alla prova dei fatti, sembra convincere poco. Bacone infatti costituiva una strana miscela di singolare grandezza e profonda meschinità. Senza alcun dubbio era l’uomo più intelligente e colto del suo tempo, ma era anche gretto e cinico e soprattutto disposto a servirsi di ogni mezzo per raggiungere il suo obbiettivo. Shakespeare di contro era baciato dalla genialità, piuttosto che dalla callosa avidità che Bacone dimostrò più volte durante la sua vita. Il grande drammaturgo, oggi oggetto di discussione, componeva opere e poesie che uscivano dalla penna con la naturalezza con cui il canto esce dalla gola di un usignolo ed è alquanto improbabile che gli si possano attribuire azioni come il tradimento del conte di Essex, mecenate di Bacone, che grazie ad un’arringa prodotta proprio del filosofo inglese fu condannato a morte.
Ovviamente i candidati ad occupare la sedia regale di Shakespeare sono numerosi, ne cito giusto uno per dovere di cronaca: Christopher Marlowe, i cui scritti, di accertata paternità, mostrano però una personalità letteraria dissimile al tenore formale ed espressivo che si riscontrano nelle opere shakespeariane.
Arriviamo quindi ,a passo di trotto, alla tesi che ad oggi molti studiosi sostengono, tesi che prese forma a partire dagli studi compiuti nel 1914 da un maestro di scuola elementare, tal John Thomas Looney, che dedotto il carattere e la personalità dello scrittore, attraverso una meticolosa lettura dei suoi scritti, aveva stilato un elenco ristretto di diciassette nomi fino ad identificare Shakespeare con Edoardo de Vere, XVII conte di Oxford, che secondo lo studioso rispondeva esattamente all’identikit da lui formulato.
Effettivamente questa associazione lungi dall’essere peregrina. Di Edward de Vere sappiamo parecchio, che condusse una vita avventurosa e che molti degli episodi da lui vissuti trovano corrispondenza nelle sue opere. Aristocratico e ricco venne addestrato nelle discipline che fanno parte dell’educazione di un giovane lord: equitazione, caccia, arti marziali, ma anche musica e danza. Ebbe precettori privati che gli insegnarono fra le altre cose il latino e il francese. Conseguì un primo diploma all’Università di Cambridge, per laurearsi successivamente a Oxford. Presto diventò uno dei pupilli reali avendo come tutore William Cecil, Lord Tesoriere d’Inghilterra, consigliere della regina, considerato uno degli uomini più potenti d’Inghilterra. De Vere di modi eleganti e di bellissimo aspetto da subito diventò uno dei favoriti della regina.
Una delle prove a sostegno di questa supposizione è che de Vere dopo varie traversie finanziarie ricevette dalla monarca un cospicuo vitalizio a cui seguì un inspiegabile ritiro dello stesso dalla vita di corte, presumibilmente per scrivere e rivedere, negli ultimi diciotto anni, le opere che hanno consacrato “William Shakespeare”.
Beh a conclusione di questa vicenda evinciamo solo che “Il tutto è più della somma delle singole parti” e forse che un vero lieto fine che chiarisca questo enigma storico non ci sia, ma in fin dei conti visto il tema trattato, ritengo opportuno congedarci con un più che appropriato “dubbio Amletico.”
( rubrica a cura di Raffaele Verna – foto dal web )

















