Rieccoci con il consueto appuntamento settimanale della rubrica: “L’Opificio del Diavolo” e ripartiamo da dove avevamo interrotto, riportando alcuni dei ritrovamenti archeologici, che mostrando una palese incongruenza per la loro collocazione cronologica in epoche che non possono giustificare l’esistenza di tali manufatti, imbarazza non poco l’ambiente accademico.
Prima di introdurvi un altro lampante esempio di contraddizione storica familiarizziamo con il concetto di geode. Uno geode è una cavità interna ad una roccia magmatica di forma tendenzialmente sferoidale con le pareti ricoperte da cristalli rari e preziosi.
Nel 1961 Mike Mikesell, Walace Lane e Virginia Makey che si erano imbattuti in una pietra esattamente corrispondente ad una roccia ignea siffatta, vicino alle Montagne Coso, in California, decidono di tagliarla in due per estrarne il contenuto, una volta aperta riscontrano, esterrefatti, che si trattava di uno strano oggetto composto all’esterno da argilla indurita e ghiaia con inclusioni fossili, con all’interno uno strato esagonale costituito da una sostanza sconosciuta più tenera dell’agata, nel quale era inserito un cilindro di porcellana o ceramica sul quale erano avvolti a spirale anelli di rame del diametro di poco più di 20 millimetri, con il centro del cilindro attraversato da una barra metallica.
Dopo un’analisi accurata si arrivò alla sorprendente conclusione che si trattava di una candela d’accensione di fattura moderna risalente a più di 500.000 anni fa. Successivamente tale reperto fu esposto nel 1963 all’Eastern California Museum a Independence, peccato però che a causa di un disinteressamento generalizzato della comunità scientifica per questa scoperta, tale oggetto oggi risulti misteriosamente scomparso.
1974, Romania, due chilometri a est di Aiud.
Un gruppo di operai rinviene in un fosso profondo 10 metri, oltre a resti ossei vecchi milioni di anni, un blocco di metallo, che da una prima osservazione superficiale presentava la strana forma a testa di martello.
Tale oggetto ad un’analisi successiva risultava essere una lega metallica estremamente complessa, per l’esattezza composta da una percentuale volumetrica per l’89% costituita di alluminio e da una percentuale più bassa di altri metalli.

Il fatto degno di nota è che l’alluminio non si trova libero in natura e solo 100 anni fa lo si è potuto lavorare con sistemi di alta precisione. Un ingegnere aeronautico notando che l’oggetto mostrava due fori ovali e per l’appunto che fosse stato fabbricato con una lega leggera, avanzò l’ipotesi che si trattasse di una sorta di dispositivo di atterraggio per moduli dalle dimensioni ridotte come quelli lunari.
Anche a questo misterioso reperto, poi ribattezzato il “piede di Aiud”, è però spettata la stessa sorte del geode ritrovato in California, finendo in chissà quale cassetto per essere presto dimenticato.
Cosa abbiamo quindi tra le mani? Semplici scoperte che confondono l’inviolabilità di una tradizione storica codificata da un direttivo, pronto ad insabbiare quanto minacci la “pura fede”, in ossequio alla quale dovrebbe essere, saggio e prudente, spegnere l’interruttore del cervello e autoconfinarci al ruolo ingenuo da sprovveduti creduloni.
Vi invito quindi a non sospendere il vostro personale criterio di giudizio, astenendovi dal problematizzare con senno e raziocinio, ma a continuare a seguirmi in questo “scosceso sentiero degli dei” e ad intraprendere il percorso avventuroso e alternativo che l’”Opificio del Diavolo” settimanalmente propone.
(rubrica a cura di Raffaele Verna – foto dal web)

















