“Tu chiamale se vuoi“, elezioni!! A qualcuno potrebbe venire in mente di parodiare gli indimenticabili versi di Lucio Battisti che, parlando in realtà delle emozioni, suggeriscono, piuttosto che tentare di spiegarle o razionalizzarle, quanto sia più importante riconoscerle e viverle come parte integrante del proprio essere anche quando sono complesse e contradditorie.
Come, per l’appunto, le imminenti consultazioni elettorali regionali di Puglia, Campania e Veneto, che tra luci e ombre, contraddizioni e mal di pancia diffusi, si svolgeranno nel solco di quanto già visto in Calabria, Toscana e Marche.
In vista delle prossime politiche, il testa a testa tra i due opposti schieramenti e le relative tifoserie, sembra l’unico interesse in campo (oltre alla spartizione delle poltrone, alias dei seggi consiliari), si parla poco di territori, di problemi, di programmi. Nello scorso weekend la carica dei candidati regionali si è conclusa con la presentazione delle liste. Secondo la gran parte dei commentatori, a liste chiuse, vincono impresentabili, ras e transfughi: le guerre tra coalizioni e tra alleati per strappare poltrone in Consiglio regionale nascondono storie imperdibili. Fatte di transfughi, cacicchi, indagati, “figli di” e veti, nella peggiore tradizione delle elezioni regionali.
Se così è, possiamo già indicare con cinico realismo il futuro vincitore di queste e delle future chiamate alle urne: è il partito degli astensionisti, degli indecisi, il cui numero cresce in via esponenziale e nessun partito mostra di essere in grado di intercettarne il malessere, la distanza dalla politica. E’ il fallimento della democrazia rappresentativa, l’abdicazione della sovranità popolare: oramai la percentuale dei votanti fatica ad arrivare al 50%, sì che potrebbe teorizzarsi un annullamento del voto per il mancato raggiungimento di un quorum maggioritario di elettori.
Ma come dar torto agli astensionisti: entrare in cabina per indicare candidati prestati alla politica, calati dall’alto senza alcuna selezione, curriculum, progetti, non ha alcun senso per i più, dato che una offerta politica così debole porta i cittadini a sentirsi non rappresentati.
Potremmo allora prendere a prestito un altro verso di Battisti, quel “Come può uno scoglio arginare il mare”, a rappresentare iconicamente l’impossibilità di fermare o controllare questa deriva della politica che, come le forti emozioni di Battisti, ha la potenza e l’impeto della natura.

















