Un milione di giovani, provenienti da più di 150 Paesi, riuniti a Roma per il Giubileo dei Giovani insieme a Papa Leone XIV.
In mezzo a quella moltitudine c’era un gruppo partito da Bitonto, ragazzi e ragazze della parrocchia dei Santi Medici, con il cuore carico di domande, attese e speranze. Il loro ritorno è un coro di voci che, intrecciandosi, raccontano un’esperienza capace di segnare per sempre.
Alessandra, 17 anni, è partita “piena di paure e domande, come un pesce fuor d’acqua”, ma tra canti e sguardi in piazza San Pietro ha sentito che “la mia presenza lì ha avuto un senso”. La pace interiore che ha trovato l’ha riempita di risposte, e allo stesso tempo di nuove domande.
Anche Sonja, coetanea, all’inizio era spaesata, poi “le emozioni hanno iniziato a farsi sentire, forti e vere”. Alla fine resta una “malinconia bella” che sa di nuovo inizio.
Per Vittoria, 17 anni, la spinta a partire è stata l’inquietudine: cercava qualcosa di grande, la felicità. L’ha trovata negli incontri e nei volti dei coetanei di ogni provenienza: “Torno a casa cambiata, con la voglia di coltivare la gioia che ho trovato”.
Maria Letizia, 21 anni, ha rivissuto ciò che già aveva sperimentato alla GMG: l’incontro con giovani “accomunati da un’unica fede” che si sostengono e incoraggiano a vicenda.
Marika, 24 anni, ha scoperto che “la speranza non è attesa passiva, ma scelta coraggiosa”: nei passi sotto il sole, negli abbracci di sconosciuti che sembravano attenderla da sempre.
Ruth, 21 anni, parla di “camminare insieme” come parola chiave di questa esperienza: “Dicono che i giovani non credono più, ma davanti a quasi un milione di persone presenti io non credo sia così”.
Giuseppe, 17 anni, associa il Giubileo a festa e comunità, ma anche a riflessione profonda: le parole del Papa – “Voi, giovani, siate il sale del mondo” – resteranno impresse per sempre.
Flavio, 19 anni, dice di tornare non con souvenir ma con uno sguardo nuovo: la parola che custodisce è gratuità, l’incontro che si dona senza chiedere nulla.
Per Alessandro, 19 anni, tutto ruota intorno alla parola incontro: con sé stesso, con il mondo e con Dio. “Non devo accontentarmi, ma aspirare a cose grandi, continuando a contagiare gli altri di amore”.
Don Roberto, 39 anni, viceparroco, ha visto negli occhi dei ragazzi “l’ardore per una vita piena” che il Papa descriveva nell’omelia, quella sete che nessuna realtà creata può estinguere.
Luisa, 24 anni, non ha potuto partecipare dall’inizio, ma ciò che più l’ha colpita è stato “il numero incredibile di giovani uniti dalla stessa luce e dal desiderio di cercare qualcosa di vero”.
Anna, 19 anni, cita le parole di Benedetto XVI riprese dal Papa: “Chi crede non è mai solo”. È tornata “ricca di una vita che ancora stento a realizzare nella sua pienezza”.
Antonio, 18 anni, ricorda con gratitudine il gruppo che lo ha accolto: “Insieme abbiamo condiviso sorrisi, preghiere e silenzi che porterò per tutta la vita”.
Gianmarco, 27 anni, definisce questa settimana “uno di quegli eventi che segnano la vita” e raccoglie l’invito del Papa: “Adesso inizia il nostro Giubileo, è il momento di essere testimoni di questa gioia piena e di una speranza che non delude”.
Pierpaolo, 20 anni, parla di una scintilla che si è accesa a Roma: “Ogni luogo era in festa, pervaso di emozioni capaci di contagiarci e arricchire gli animi di ognuno di noi”.
Francesco, 18 anni, sottolinea l’arricchimento umano e spirituale: la visita alla Caritas, i legami nati con ragazzi di altri paesi, la fiducia nuova in sé stesso.
Cristian, 19 anni, in un’età di scelte difficili, ha trovato nella veglia la risposta del Papa: l’amore come chiave per affrontare ogni decisione.
Doriana, 21 anni, torna con il desiderio di “vita vera”, certa che non siamo fatti per piccole cose ma per la santità.
Alessandra, 23 anni, sente di aver risposto a una chiamata ricevuta già alla GMG di Lisbona: cercare nella quotidianità quel bagliore visto negli occhi degli altri. Aldo, 21 anni, dice che il Giubileo “non si può descrivere”: è stato un punto di incontro in cui “siamo noi giovani a dover dare speranza al futuro”.
Alessandra, 19 anni, ricorda la veglia a Tor Vergata come il momento più bello, in cui le domande dei giovani al Papa riflettevano le sue paure e insicurezze: “Ancora una volta ho percepito come sia intramontabile la fede in Cristo”.
Così, da Alessandra a Aldo, da Sonja a Cristian, ogni voce racconta un pezzo di strada percorsa insieme. Ognuno con la propria storia, ma tutti con lo stesso bagaglio nuovo: una fede più viva, relazioni nate e custodite, e il desiderio di essere – come ha detto il Papa – “sale della terra e luce del mondo”, portando nella vita di ogni giorno la speranza che a Roma si è fatta carne e respiro.

















