Continuiamo il nostro viaggio attraverso i paesi salentini coinvolti dagli eventi della Notte della Taranta e dall’antico concetto in sé di tarantismo.
Eccoci a Melpignano. La città sede del Concertone fa parte dell’Associazione Comuni Virtuosi, per la gestione ecosostenibile del territorio. Nel centro urbano molte chiese. Segnaliamo quella del convento degli Agostiniani, restaurata su progetto del grande architetto Francesco Antonio Zimbalo. Numerose anche le chiese del contado, così come i frantoi ipogei. Il palazzo marchesale fu voluto nel 1636 dal patriota albanese Giorgio Castriota-Scanderbeg. Particolarità a Melpignano il porticato rinascimentale di piazza San Giorgio, quasi rarità in Puglia. La struttura attesta la vocazione mercantile di questa cittadina. Un’area che riconsegna al fruitore attuale anche tante strutture megalitiche: menhir e dolmen.
Martano è invece la città dell’aloe, pianta qui assai coltivata. Antico centro strategicamente importante a livello viario, ha alcune biblioteche storiche e soprattutto un’interessante pinacoteca, con opere di pittori classici dell’area pugliese e napoletana, ma anche del galatinese Gioacchino Toma e del gallipolino Guido Pagliano, artista cui il contenitore (munito anche di collezioni di numismatica) è intitolato. Delizioso anche il Museo Diffuso delle sculture in pietra leccese, con opere distribuite direttamente tra le strade del centro. La chiesa matrice, dedicata all’Assunta, offre, tra gli altri, opere di Cesare Fracanzano (XVII secolo) e Oronzo Tiso (XVIII). Alessandro, padre di Cesare, è invece presente con una Pietà nella chiesa del monastero di San Domenico. Alcantarino e poi cistercense il convento di Santa Maria della Consolazione, sulla strada per Borgagne (frazione di Melendugno). Martano è pieno di “case a corte”, tipiche della Grecia Salentina: diverse abitazioni con in comune il cortile e con condivisione anche dei granai, delle cisterne e delle grandi pile in pietra per il bucato. Tanti anche qui i palazzi storici e imponente quello baronale, già castello aragonese. Il menhir del Teofilo (o Santu Tòtaru) è invece il più alto monolite della Puglia intera (4,70 m). Anche la Specchia dei Mori è la più grande del Salento. Cosa sono le specchie? Lastre in calcare sovrapposte l’una all’altra e prelevate dallo spietramento effettuato nella zona. Costruzioni rurali tipiche leccesi.
Sempre più noto è, poi, Apigliano, villaggio medievale oggi sito archeologico. Legato storicamente anche alla confinante Zollino, fu abitato dal XII secolo, con primordi insediativi già dell’VIII. Fu abbondonato improvvisamente per ragioni ancora ignote agli storici.
ll castello di Corigliano d’Otranto è imperdibile. Grande, imperioso, fascinoso. È il castello de’ Monti, nascita medievale ma figurazione rinascimentale, sancendo il passaggio dalle torri quadrate alle rotonde. Stupendo.
Come già ad Otranto, anche qui nella chiesa madre di San Nicola un mosaico pavimentale dell’Arbor Vitae, ma molto più recente: risale all’800.
Sogliano Cavour era solo “Sogliano”: poi, con l’Unità d’Italia, ecco l’omaggio allo statista piemontese. Opinabile omaggio? Chissà. Il cambio di nome per distinguersi da un omonimo centro forlivese.
Insieme barocca e neoclassica la chiesa madre di San Lorenzo, del ‘600 il monastero degli Agostiniani e risalente invece già al 1100 il palazzo baronale.
La chiesa delle Anime Sante del Purgatorio sorge su grotte basiliane dedicate a San Trifone, venerato anche ad Alessano e nella barese Adelfia.
A Carpignano Salentino la famosa cripta bizantina di Santa Cristina (secoli IX-XI). Costituisce la prima testimonianza del rito greco bizantino nella zona e detiene alcuni tra gli affreschi più antichi dell’Italia Meridionale intera. Assai noto quello del Cristo di Teofilatto. Ippolito Borghese, pittore umbro attivo tra ‘500 e ‘600, è presente nel santuario della Madonna della Grotta, altro vanto di Carpignano.
Nella frazione di Serrano, dal 18 al 20 agosto di ogni anno, si svolge la Festa de lu Contadinu, ormai molto accorsata da autoctoni e turisti. E poi L’Olio della Poesia, evento che annualmente premia un artista di rilevanza nazionale con un quintale di olio estravergine di oliva. A tre chilometri da Serrano, nell’antico feudo di Stigliano, ecco la chiesetta di Santa Marina, datata al 1762.
Siamo ora a Martignano, città dell’economista illuminista Giuseppe Palmieri, cui è dedicato un parco, grande area di accoglienza e promozione turistica, con biblioteca e mediateca. Migliaia ogni anno i visitatori. Partono da qui visite guidate per tutto il Salento. Terra anche del notissimo Carnevale, dell’insalata grika e della Festa dell’Uragano in ricordo del patrono, san Pantaleone, che nel 1718 salvò, secondo la fede popolare, Martignano dal violento maltempo. Qui è diffusissima la tradizione musicale della pizzica: sempre tanti i gruppi popolari che propagano il verbo della celebre danza del Salento. Da visitare la chiesa matrice cinquecentesca di Santa Maria dei Martiri e quella di San Francesco d’Assisi. Tra i palazzi storici, decisamente il Palmieri. Anche a Martignano, infine, le pozzelle per la raccolta dell’acqua.
Chiudiamo con Cutrofiano, vicino anche all’area di Maglie e Scorrano.
La città è il più rilevante centro di produzione di ceramica del basso Salento. Una tradizione medievale. Ad agosto, già dal 1973, si tiene la grande mostra annuale della terracotta. Da visitare il Museo della Ceramica, nella Biblioteca Comunale, con reperti medievali ma anche preistorici. La chiesa matrice, dedicata ad un culto diffuso nel Salento, quello della Madonna della Neve, risale al XVII secolo. Da citare una tela di Francesco Solimena e un Crocifisso ligneo del XVII secolo. Tra i palazzi, su tutti il Filomarini, del ‘600, attribuito a Francesco Manuli. Degna di una visita anche la cripta di San Giovanni Battista, a circa un chilometro dal centro. Qui una chiesetta rupestre e una piccola necropoli medievale.
Di grande interesse a Cutrofiano il Parco dei Fossili, sulla strada verso Aradeo, all’incrocio con Sogliano. Ospitato in una ex cava d’argilla, è un vero e proprio giacimento storico, grande ben 12 ettari. Qui sono visibili diversi strati geologici marini con fossili e reperti assai interessanti. Una cava molto studiata in ambiente scientifico e che però ha vissuto un lungo periodo di abbandono negli anni Ottanta, quando addirittura divenne discarica abusiva di rifiuti. Ora la situazione è decisamente migliore: sono stati anche coltivati 8000 alberi lungo i bordi. Bonificata inoltre l’area e così i confini. E la storia è salva.
Una storia da apprezzare, conoscere, tutelare.