Era il 23 novembre 1980. In un bar tranquillo di Conza della Campania, diversi abitanti, specie i più giovani, si erano radunati per seguire il derby d’Italia tra Inter e Juventus.
L’atmosfera era carica di entusiasmo e attesa, quando all’improvviso il suolo iniziò a tremare con una violenza inaudita. In pochi istanti, le pareti si sgretolarono e la serata si trasformò in un incubo. Fu il terremoto, l’incubo che colpì l’intera Irpinia e diverse zone della Puglia e della Lucania. Il terremoto, con una magnitudo di 6.9, devastò la regione, spezzando vite e distruggendo sogni.
Una storia nota e particolarmente drammatica del nostro Paese. Conza della Campania, un’umile cittadina, fu ridotta a un cumulo di macerie, trasformandosi in quel “borgo fantasma” che esploreremo in questo racconto.
L’Irpinia, incastonata nell’entroterra campano, è una terra di bellezza selvaggia. Le sue colline e montagne, avvolte da una natura rigogliosa e incontaminata, raccontano storie di discrezione, sofferenza e rinascita. Sì, perché dal terremoto si può rinascere.
Conza della Campania sorge su un’altura che domina la valle dell’Ofanto, offrendo vedute mozzafiato. Oggi, il suo antico borgo abbandonato, con le sue rovine silenziose, testimonia sia la tragedia sia la tenacia di un popolo. Passeggiare tra le decadenti vestigia di Conza vecchia è un’esperienza evocativa. Le case di pietra, ridotte a ruderi; le strade acciottolate che si snodano tra la vegetazione selvatica e i resti delle antiche chiese raccontano di una vita passata, di una comunità unita e laboriosa. La vecchia cattedrale, sebbene in rovina, conserva ancora la sua maestosità e le sue mura parlano di fede e devozione.
Qui sono riaffiorati i resti dell’antica città di Compsa, situata vicino alla Sella di Conza, naturale linea di demarcazione tra l’Appennino Campano e l’Appennino Lucano, con il rilievo di Toppa Muraglia che rappresentava un avamposto strategico per la difesa e il controllo territoriale. Questo è stato l’epicentro drammatico del terremoto. Qui le persone morirono correndo nelle case, cercando di uscirne.
Il borgo storico è un vero sito archeologico a cielo aperto e ha rivelato tracce di un’occupazione stratificata, con le prime testimonianze insediative risalenti all’età del Ferro (VIII-VII sec. a.C.). Conza divenne romana e, in età tardo-repubblicana, dopo la guerra sociale, acquisì lo status di municipium. A questa fase appartengono i resti del Foro civile, sotto il quale gli scavi degli anni Ottanta hanno rivelato una pavimentazione a spina di pesce attribuibile a un insediamento sannita, con parte di un portico e un tratto del lastricato che conserva tracce di un’iscrizione in lettere di bronzo menzionante il committente: Quinto Antisio, della gens Hirpinia. A nord del Foro è stato scoperto il podio di un edificio templare, mentre l’anfiteatro si trova nella parte più alta del sistema terrazzato del centro storico.
Conza è stata poi importante sede vescovile e così, tra i secoli X e XI, la nuova città si sviluppò intorno alla prima chiesa eretta vicino al Foro, promossa a cattedrale con la dedica a Santa Maria Assunta. Conza offre molto anche dal punto di vista naturalistico. Vale assolutamente la pena visitare il lago, ora un’oasi del WWF, un rifugio di pace e bellezza naturale. Questo bacino artificiale, nato per scopi irrigui, è oggi casa e riparo per numerose specie di uccelli migratori. Le sue acque tranquille riflettono il cielo azzurro e le rive verdeggianti sono un paradiso per gli amanti della natura e del birdwatching.
Il contrasto tra la serenità del lago, la sua ricchezza naturalistica e la drammaticità del borgo fantasma di Conza crea un paesaggio attraente, da osservare, su cui riflettere, comprendendo quanto il viaggio sia, sì, evasione ma anche occasione per approfondire, capire, cogliere il senso di un filo che arriva anche dal passato e che continua ad interrogarci.