Andiamo verso un’Irpinia che profuma tantissimo di Puglia. Pronti, partenza, via. Un’ora e mezzo di auto – più o meno, suvvia – dal barese ed ecco che, da Grottaminarda, si attraversano curve che si arrampicano sull’Appennino.
Non che non si possa andare anche da Foggia. Anzi, strada storicissima quella. Sta di fatto che, da una parte o dall’altra, all’improvviso l’asfalto vi si ‘scioglie’ allo sguardo, specie se c’è sole, tanto sole, preso e avviluppato com’è tra campi di grano, querce isolate, pale eoliche che ruotano lente. E Ariano Irpino – reale meta del nostro viaggio – appare lì, in alto, distesa sui suoi colli, come un avamposto costruito per vedere lontano.
È una città esposta, costruita sul crinale, in posizione strategica tra due mondi: la Campania interna e la Puglia settentrionale.
Ariano Irpino fa parte della provincia di Avellino ma fino al 1930 portava un altro nome: Ariano di Puglia. Non certo un errore, piuttosto il riflesso di una condizione storica e geografica precisa. Ariano si trova lungo l’antico asse che univa Benevento a Foggia. Qui passavano eserciti, greggi, merci, leggi. Le strade medievali della transumanza e i tratturi che collegavano l’Irpinia al Tavoliere attraversavano questa città. Ariano era punto di passaggio obbligato, presidio militare, mercato.
Nel 1140 Ruggiero II convocò proprio qui l’Assise di Ariano, atto fondativo e politico-culturale importante. La scelta non fu casuale: Ariano controllava l’accesso al Tavoliere, da qui il sovrano consolidava il legame tra potere centrale e territori più di frontiera. Le aree interne spesso hanno significato a livello politico proprio questo.
Camminando oggi per il centro storico, si riconoscono tracce di tutte le epoche: il castello normanno, le chiese barocche, i vicoli con le case di tufo. Il dialetto mescola sonorità campane e pugliesi. Le tradizioni locali raccontano la stessa tensione tra culture: la maccaronara, pasta lunga tirata a mano con il ferretto, ricorda forse un po’ le tipologie pugliesi ma è condita con ragù denso, tipico delle cucine montane. Ed è diffusa, con varianti, in diverse aree irpine.
Il paesaggio è quello dell’Appennino agricolo, con lenti ma rigorosi mutamenti stagionali e una presenza ancora forte della pastorizia. Ma qui non si vive di isolamento. Ariano ha una vocazione commerciale che affonda nelle fiere storiche, nei legami con la pianura pugliese. Nei secoli ha assorbito influssi culturali e linguistici diversi, sviluppando un’identità composita.
Il cambio di nome da Ariano di Puglia ad Ariano Irpino fu deciso in epoca fascista, insieme alla riorganizzazione amministrativa della zona dopo il terremoto del 1930. L’intento era rafforzare l’appartenenza al contesto irpino-campano. Ma la memoria collettiva ha continuato a conservare l’antica direzione dello sguardo: verso la Puglia, verso il Tavoliere, verso il passaggio ed il paesaggio.
Ariano Irpino è, allora, una città costruita sul margine. Vive sulla soglia tra due regioni, tra montagna e pianura, tra culture diverse.
Già questo merita il viaggio e la scoperta.
Tutto ciò ha conferito al centro una forma culturale resistente, capace di adattamento. Oggi, nei bar del centro come nelle campagne circostanti, si avverte una continuità con questo passato: nei racconti, nei mestieri, nelle feste.
Mentre si percorrono le strade che portano fuori dalla città, si ha la sensazione di lasciare un territorio che si definisce per i suoi confini e per la sua posizione. Ariano resta lì, sospesa, perché città nata per guardare in più direzioni, da cui fieramente sa di essere stata attraversata.