Dopo monsignor Giuseppe Satriano, arcivescovo della diocesi di Bari – Bitonto, anche monsignor Francesco Savino, si esprime sul referendum dell’8 e del 9 giugno.
«I referendum sono la nostra possibilità per dire come la pensiamo e attivare processi di cambiamento. Ritengo che il referendum abbia un valore civico enorme, non solo per il contenuto specifico dei quesiti, ma per il fatto stesso che chiama i cittadini a esercitare un potere sovrano. Non votare, a mio avviso, significa rinunciare a un’occasione di riappropriazione del proprio ruolo» sono le parole del vescovo di Cassano allo Ionio e vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, rilasciate in un’intervista a Famiglia Cristiana: «Il voto dice il nostro impegno a non lasciare che gli altri decidano per noi. Ma è necessario innanzitutto approfondire. Non votare per tifoserie, ma perché si è pensato, si è discusso, si è valutato. In questo modo il referendum diventa un laboratorio di intelligenza collettiva. Se pensiamo che il modo migliore per fare una legge sia evitare che venga discussa abbiamo smarrito il senso della democrazia deliberativa. Il politologo Giovanni Sartori diceva che la democrazia vive se c’è partecipazione informata, altrimenti si svuota di senso».
Per il religioso bitontino si tratta di temi importanti: «Mi piace guardare al referendum come a una scuola di partecipazione e di cittadinanza. Per questo parlare di astensione mi sembra un paradosso».
Savino non entra nel merito e non esprime indicazioni di voto. Il suo obiettivo è solamente la sensibilizzazione al voto, in un’era in cui l’astensionismo avanza tragicamente sempre più: «Penso che il referendum sia non solo un diritto, ma un atto di resistenza civile alla logica della rassegnazione, un gesto di cura per la democrazia. Un affare che riguarda tutti».
«Prima di votare, occorre riflettere e documentarsi – conclude -. Qui non si toccano questioni dogmatiche, che investono la nostra professione di fede, ma sono quesiti importanti per il nostro essere cittadini. Si tratta della dignità del lavoro, della sicurezza sul lavoro, dei nostri fratelli migranti».