Il 4 giugno, il consiglio comunale ha approvato una mozione dal titolo “Esortazione al riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell’Unione Europea e dell’Italia”. A presentarla, diverse forze di centrosinistra tramite il consigliere Rocco Mangini. Come ampiamente prevedibile, non tutti hanno compreso l’importanza di un documento simile anche in un’assise che, ovviamente, non ha alcun potere di incidere sulla politica estera di uno Stato. A spiegarlo è lo stesso consigliere proponente che lo definisce un «atto dal grande valore. Politico, innanzitutto, perché dice da che parte stiamo. Abbiamo chiaramente detto che siamo dalla parte del popolo palestinese. C’è tuttavia anche un valore umano, un segnale di empatia e vicinanza a quanti soffrono ingiustamente. Lo sappiamo, non possiamo incidere sulle scelte dei governi, né tantomeno possiamo fermare questo genocidio, ma – richiamando la citazione del profeta Isaia, fatta in consiglio comunale – non abbiamo voluto, non abbiamo potuto tacere di fronte a questa enorme ingiustizia che si compie sotto i nostri occhi. Siamo convinti di aver rappresentato i sentimenti della stragrande maggioranza del popolo italiano e della comunità bitontina».
Per Mangini, dunque, la mozione è una spinta simbolica, per testimoniare una presa di posizione: «Delle varie progettualità ideate e realizzate nei dieci anni da assessore alla cultura vado particolarmente fiero del progetto “Memento”, dedicato alla Giornata della Memoria e al Giorno del Ricordo. È l’unico progetto in Italia che unisce idealmente le due giornate, non contrapponendole, e che promuove la conoscenza dei tanti genocidi che hanno caratterizzato la storia dell’umanità. Ecco, ci è sembrato un atto doveroso denunciare anche questo di Gaza, con l’immediata condivisione del mio gruppo politico di Strada in Comune, del Partito Socialista Italiano, di Sinistra Italiana, del gruppo Riformisti – Fronte del Lavoro; proposta, infine, sottoscritta dall’intera maggioranza. Perché, quando i nostri nipoti ci chiederanno: “Dove eravate mentre a Gaza massacravano bambini, donne e anziani?”, potremo almeno dire che ci siamo indignati, ci siamo opposti, abbiamo alzato la nostra voce. Non abbiamo taciuto. Ecco, questo è il segno di questa mozione: non tacere di fronte al male. È utile farlo perché il nostro atto e il sudario esposto sulla facciata del Palazzo del Comune possono interrogare le coscienze dei cittadini, possono quanto meno suscitare qualche domanda, possono favorire empatia nei confronti del popolo palestinese. Anche la manifestazione Donne in Nero che si è tenuta il 6 giugno scorso, e che si terrà ogni venerdì dalle 20 alle 21 davanti a Porta Baresana, è un segnale importante di vicinanza e solidarietà, che può favorire una presa di posizione della comunità».
Ma riconoscere lo stato di Palestina può davvero favorire una vera pace tra due popoli in lotta da un secolo?
«La situazione geopolitica del Medio Oriente è complessa, maledettamente complessa. Una complessità che non nasce oggi, ma origini antiche. È una terra in cui i semi dell’odio e del conflitto vengono piantati in ogni abitante, dell’uno e dell’altro popolo. Sicuramente il riconoscimento dello stato di Palestina, così come ribadito dal nostro Capo dello Stato recentemente, può assicurare al popolo palestinese “un focolare”, una casa riconosciuta dalla Comunità internazionale. Questo porterebbe a una maggiore tutela del popolo e alla salvaguardia del diritto internazionale. Sicuramente il riconoscimento è propedeutico alla realizzazione della cosiddetta soluzione dei “due popoli, due stati”, riconosciuta dalla Comunità internazionale come la più plausibile soluzione del conflitto storico».
Ma quella in corso a Gaza e in Cisgiordania non è l’unica guerra, purtroppo, che insanguina il pianeta. Nel mondo ci sono, attualmente, oltre cinquanta conflitti. Perché, dunque, una mozione che si concentra su quello in Palestina?
«L’ho ricordato sia durante la presentazione della mozione sul “Cessate in fuoco”, sia con quest’ultima. Ci sono molti conflitti e guerre. Alcune non salgono agli onori della cronaca, ma ci sono e fanno vittime, sempre tra i civili indifesi. Ma questa di Gaza non è una guerra, non una guerra convenzionale; eh sì, perché anche le guerre sono regolate da convenzioni internazionali, proprio a garanzia e tutela dei civili. Quello che avviene a Gaza non è un conflitto tra due eserciti regolari, come in Ucraina, ma è un massacro di civili a opera di un esercito regolare. Sta qui la drammatica straordinarietà del conflitto. Lo abbiamo scritto nero su bianco che siamo contro ogni guerra, ma per Gaza la situazione è diversa. Ecco perché questa attenzione particolare alla Palestina e al suo popolo».
Un vero e proprio genocidio. Definizione ancora oggi negata, nonostante le immagini trasmesse 24 ore su 24, sette giorni su sette parlano chiaro e testimoniano tutta la drammaticità. Ma è utile discutere se sia o meno genocidio, considerando che, a prescindere dal vocabolo utilizzato, decine di migliaia di persone sono morte e continuano a morire?
«Ho parlato anche di questo nella mia presentazione della mozione in consiglio. Ho richiamato la Convenzione Onu contro i genocidi e, in particolare, l’articolo che definisce cosa sia un genocidio. Quello di Gaza sembra a tutti gli effetti un genocidio, termine ormai usato abitualmente dai media e da buon parte della comunità internazionale. Capisco le ritrosie di parte dell’opinione pubblica, e soprattutto degli israeliani, a usare questo termine; una parola coniata proprio per descrivere le atrocità subite dagli ebrei nella Seconda Guerra Mondiale. Ma è altrettanto giusto usare le parole per quelle che sono, anche per richiamare le responsabilità odierne della comunità internazionale, rea negli anni Quaranta del Novecento di un assordante silenzio. Ricordando quegli anni di terrore, si dice spesso “mai più!”. Ecco, bisogna essere consequenziali e assumersi le proprie responsabilità, anche chiamando col proprio nome quello che vediamo, inermi, sotto i nostri occhi».
Il gruppo consiliare di Fratelli d’Italia aveva presentato una mozione alternativa, ma piuttosto che discutere due mozioni sullo stesso oggetto, si è scelto di andare incontro all’opposizione e integrare la prima mozione con parti dell’altra.
«Come ho spiegato durante la discussione in consiglio comunale, la mozione presentata dall’opposizione non era altro che una mozione approvata alla Camera dei Deputati lo scorso 21 maggio; approvata in alternativa alla mozione del centrosinistra che, come nel nostro caso, chiedeva il riconoscimento dello stato di Palestina. Ho fatto notare più volte questa antitesi tra i due documenti. Alla fine, si è deciso di integrare alcuni auspici del deliberato della mozione della Camera, aggiungendoli al nostro deliberato. Ma l’impianto della mozione è rimasto invariato, così come il titolo e l’obiettivo, e soprattutto la dura presa di posizione del consiglio comunale contro il governo di Israele. Certo, approvare una mozione anche con i voti del centrodestra è un ottimo risultato politico e dice che la comunità bitontina è solidalmente contro la guerra, contro il genocidio dei palestinesi e contro il governo di Israele e quanti ne difendono gli atti impuniti».