A fare ordine nel complicato iter che ha portato all’autorizzazione e alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico in località “Pozzo delle Grue”, durante il consiglio comunale monotematico sono intervenuti due dei tecnici coinvolti nella procedura: l’ingegner Giampiero Di Lella, dirigente del Servizio Tutela e valorizzazione dell’ambiente, Impianti termici, Promozione e coordinamento dello sviluppo economico della Città Metropolitana, e l’avvocato Domenico Mariani, presidente del Consorzio ASI.
I loro interventi hanno aiutato a chiarire quali prescrizioni sono state applicate, che fine faranno gli ulivi, ma soprattutto quale scenario si apre per il futuro del territorio.
Di Lella: “Cinque prescrizioni, espianto autorizzato. Il problema è nella legge, non nei tecnici”
Nel suo lungo intervento, l’ing. Giampiero Di Lella ha tracciato la cronologia del procedimento. Già nel 2022, il Servizio per il Territorio del Comune di Bitonto – all’epoca guidato da Di Lella – aveva espresso parere negativo all’interno della procedura di verifica di assoggettabilità alla VIA (Valutazione di Impatto Ambientale). Il motivo? “L’impianto, pur non violando il Piano Regolatore Generale, risultava in contrasto con il Piano Attuativo della zona ASI”, ha spiegato Di Lella.
Tuttavia, ha proseguito, “il parere del Consorzio ASI, che secondo le norme vigenti è l’unico titolato a esprimere la conformità urbanistica, è stato favorevole. Di conseguenza, al Comune non restava che rilasciare il titolo edilizio”.
La società proponente ha apportato modifiche, rinunciando a parte dell’impianto per destinare una porzione a “verde attrezzato pubblico”, in modo da superare l’ostacolo urbanistico.
Sulla questione ulivi, Di Lella è stato chiaro: “L’autorizzazione all’espianto delle 2.100 piante è stata concessa dalla Regione Puglia, Sezione Agricoltura, con la determinazione n. 1477 del 21 giugno 2023. Non è previsto un obbligo immediato di reimpianto, ma una clausola condizionata: se la società, nei due anni successivi, acquisirà terreni idonei, dovrà reimpiantare lo stesso numero di alberi”.
Cinque le prescrizioni previste, tra cui: la possibilità di evitare il reimpianto solo in assenza di terreni disponibili; la clausola di reimpianto differito; la salvaguardia di alcune fasce alberate lungo la strada vicinale San Martino.
“Capisco le critiche, ma i tecnici non possono aggirare le leggi. Il D.Lgs. 199/2021 ha dichiarato idonee le aree industriali per gli impianti fotovoltaici, ed è una norma che recepisce direttive europee. Il problema non è chi applica le leggi, ma chi le scrive. Serve un riassetto normativo, ma spetta alla politica”.
Ad oggi, però, non è noto dove si trovino gli ulivi espiantati, né se qualcuno di essi sia stato già recuperato o spostato. La prescrizione formale autorizza la società a non effettuare il reimpianto, a meno che non acquisisca nuovi terreni agricoli.
Mariani: “Non siamo suoli agricoli. Il problema è politico, serve cambiare la destinazione d’uso”
Ancora più esplicito è stato l’avv. Domenico Mariani, presidente del Consorzio ASI, che ha chiarito fin da subito: “Stiamo parlando di un’area tipizzata industriale da oltre 30 anni. Non è suolo agricolo. Il disagio nasce proprio dal fatto che quella destinazione non è mai stata cambiata”.
“Capisco le proteste, ma se oggi c’è un impianto fotovoltaico, domani potrebbe esserci un data center, un capannone o un impianto di rifiuti. Il vero nodo è politico: o si ridisegna la zona ASI, oppure questi scenari continueranno a presentarsi”.
Mariani ha ricordato che l’ASI ha espresso parere conforme urbanisticamente, perché la destinazione industriale consente l’insediamento di impianti produttivi, compresi quelli da fonti rinnovabili. E ha aggiunto: “La Regione, attraverso la Sezione Energia, ha concesso l’autorizzazione unica nonostante il doppio parere contrario della Sezione Paesaggio. In quel caso prevale la competenza dell’ente autorizzante”.
Sulla sorte degli ulivi, Mariani ha confermato quanto detto da Di Lella: “C’è un obbligo differito di reimpianto. Anzi, nel dialogo avuto col sindaco, si è parlato di un impegno a reimpiantare fino a 3.000 piante, a lungo termine, a fine ciclo dell’impianto fotovoltaico”.
Ma c’è un’altra questione che il presidente ASI ha posto: la mancata opportunità di pensare a una comunità energetica. “Se l’obiettivo era produrre energia, perché non vincolare l’impianto al territorio? Una comunità energetica avrebbe garantito un ritorno reale per la città. Ma serve volontà politica, non solo proteste”.
E lancia un avvertimento: “Tra 30 giorni potrebbe arrivare un nuovo progetto. Abbiamo esaurito i suoli industriali attrezzati. Ora ci si sposterà su queste fasce. Se Bitonto vuole difendere la sua vocazione agricola, deve decidere subito se restare in zona ASI o uscirne”.