Il consiglio comunale monotematico sul caso dell’impianto fotovoltaico in zona ASI, sorto dove un tempo c’erano oltre 2mila ulivi, ha lasciato dietro di sé uno strascico politico pesante. Non solo per la violenza del dibattito, ma per i segnali che ha lanciato – o confermato – su un malessere interno al Partito Democratico bitontino.
Il primo a segnare una distanza netta è stato Gennaro Sicolo, presidente nazionale della CIA ed esponente storico del centrosinistra cittadino, che ha parlato di una Bitonto “svenduta”: «Le aziende vengono, mettono gli impianti, espiantano ulivi secolari, e pretendono che nessuno parli. Chi ha aperto loro le porte? Chi ha permesso questo?».
Le bordate sono arrivate anche da Franco Natilla, che ha pubblicato un lungo intervento sui social per rispondere a quello dell’assessore Francesco Brandi. Quest’ultimo aveva denunciato un clima «violento, volgare, molesto» e di essersi sentito «intimidito e minacciato come mai prima».
Secondo Natilla, Brandi ha cercato di “ribaltare i fatti” per presentarsi come vittima: «Il suo è stato un tentativo di spostare il dibattito dal merito alla polemica personale. Ha reagito con nervosismo a un atto politico legittimo e documentato: ho chiesto, tra l’altro, che il fascicolo relativo all’autorizzazione venisse trasmesso alla Procura». E ancora: «La cittadinanza ha pagato un consiglio comunale per avere risposte. E invece ha assistito a un teatrino vittimistico».
Brandi, nel suo post, afferma invece che in Consiglio ha prevalso un clima insostenibile: «Spesso mi capita di dissentire radicalmente da quello che sento, ma sempre mi ritraggo. Stavolta, però, ho avvertito una molestia inaccettabile. Ho visto la rassegnazione anche di chi avrebbe avuto titolo a parlare e ha scelto il silenzio. Una rassegnazione che – mi mortifica dirlo – puzza di omertà».
E a chi, secondo lui, si è sentito al riparo dalle critiche, Brandi risponde con amarezza:
«Tanto ce l’ha con Brandi, è a lui che si rivolge, io sto a posto». Un passaggio, quest’ultimo, che molti hanno letto come un’ammissione indiretta: l’assessore è rimasto isolato? O, più semplicemente, il bersaglio più comodo in una partita più grande?
A tentare una sintesi è stato il presidente del Consiglio, Domenico Pinto, che ha provato a riportare il dibattito sul piano urbanistico: «Quei terreni, formalmente agricoli, da trent’anni sono zona ASI, a destinazione industriale. Se si vuole evitare che lì si costruiscano impianti e capannoni, la politica deve agire: bisogna cambiare la destinazione urbanistica, punto».
Poi la frecciata, rivolta alle associazioni e ai consiglieri più critici: «Mi pongo una domanda: tutti coloro che dicono di frequentare le strade rurali e le campagne non si sono mai accorti dell’espianto del primo albero? E poi del secondo? E poi dei camion? Che controllo del territorio è, questo?»
Intanto, il dato politico rimane: mentre Sicolo attacca, Natilla incalza e Pinto smorza, Brandi si difende in solitudine. Non ha preso la parola in aula, ha affidato a Facebook la sua replica, ha parlato di “rassegnazione”, “sfogo personale”, e “assenza di tutela”.
Ma come ha scritto lui stesso, con amara consapevolezza: «Io so benissimo cosa fare. So da che parte stare. Dalla parte opposta».