Nei giorni scorsi, nella Sala degli Specchi di Palazzo Gentile, si è tenuto un incontro, interessante e coinvolgente, dal titolo “Alle radici del tempo“, dedicato a ben tre libri – “Creta mia bella“, “Fragmenta lucis” e “Ode a Creta“, scritti dalla infaticabile e ammirevole professoressa Santa Fizzarotti Selvaggi.
Introdotto dal giornalista Michele Cristallo, il saggista Marino Pagano ha dialogato, amabilmente e pensosamente, con l’autrice.
In particolare, ha affascinato i presenti il solido nesso sottolineato dalla prof fra la magica isola al centro dei suoi studi e la nostra Bitonto, legame culturale e geografico, che era stato colto anche dall’impareggiabile professor Peppino Moretti. Del quale sarebbe bene che il comune cominci a pensare di preservare tutto il patrimonio di opere, testi, pentagrammi e tele…
(La Redazione)
Ecco, di seguito, la relazione del prof. Marino Pagano.
Ci sono luoghi che non si attraversano o non si visitano soltanto: si abitano con la mente, si respirano con il cuore, si riconoscono come parti di sé. Per Santa Fizzarotti Selvaggi, Creta è uno di questi luoghi. Non un semplice spazio geografico, piuttosto una terra interiore, dove la luce dell’Egeo incontra la profondità dell’anima.
In questa isola che sa di vento, di mare e di antichi dei, si compie un viaggio che è insieme memoria e rivelazione, radice e rinascita.
Nel suo percorso letterario e culturale -intessuto di poesia, saggistica, pittura e psicoanalisi-, Santa Fizzarotti Selvaggi ha saputo trasformare Creta in una metafora della conoscenza e del sapere stesso.
Ogni ritorno sull’isola è un atto di riconciliazione con la propria storia, un momento di bilancio e di ascolto profondo, come lei stessa afferma: “A Creta ripercorro tutto ciò che ho realizzato e vissuto, in una sorta di bilancio dell’anima, sempre cosciente del mio non sapere“.
In queste parole si avverte il respiro di una ricerca che non si ferma mai, di un pensiero che si rigenera ogni volta nella relazione e nella scoperta.
Ben quattro i suoi libri dedicati a Creta nel tempo, opere che rappresentano altrettante tappe di un viaggio esistenziale e creativo.
Sono opere che uniscono poesia e prosa, riflessione e mito, dove la parola si fa corpo e respiro, memoria e cura.
Creta, con la sua storia millenaria e i suoi miti di donne e di dei, diventa il luogo in cui la dignità femminile si ricompone nella pienezza del suo significato: come nell’immagine dell’Assunzione, che a Creta è grande festa, simbolo di libertà, di riscatto, di armonia tra cielo e terra.
Accanto a Creta, altre isole hanno segnato il suo cammino: Corfù, Rodi, Santorini, Kos, isole che hanno accolto la sua meditazione e la sua scrittura.
A Kos, terra di Ippocrate, si riflette il suo costante interesse per l’essere umano, per la cura del corpo e dell’anima.
E poi Uranopoli, vicino Salonicco, dove insieme allo psicoanalista Andreas Giannakoulas -con il quale ha condiviso oltre vent’anni di studio e ricerca- ha partecipato ad un importante Congresso Internazionale di Psicoanalisi dedicato alla tragedia di Euripide, “Medea”: figura arcaica e moderna, emblema di passione, dolore e libertà interiore.
In quella stessa occasione, Santa organizzò una mostra di pittura con artisti greci e italiani, ponendo ancora una volta l’arte come ponte fra le culture e fra le anime.
Il suo è, dunque, un viaggio attraverso le isole e attraverso il proprio sè profondo, un itinerario che unisce il sapere antico al pensiero contemporaneo, la parola scritta all’esperienza vissuta.
Ne emerge una visione luminosa e insieme profondamente umana: la fiducia nelle relazioni vere, la speranza nelle rinascite, la consapevolezza che ogni fine è solo l’inizio di una nuova semina, proprio come accade a Ferragosto, tempo di compimento e di ripartenza, che per lei segna davvero l’inizio dell’anno.
E allora, Creta e le altre isole greche diventano spazi dell’anima, dove la poesia incontra la filosofia, dove la psicoanalisi si fa ascolto del mito, dove la cultura si trasforma in esperienza viva.
In questo mare che unisce e non separa, Santa Fizzarotti Selvaggi ci ricorda che la conoscenza è un atto d’amore, che la bellezza non è superficie ma profondità e che, in fondo, la scrittura è sempre un cammino verso l’altro.

















