Due grandiose tele inedite di Carlo Rosa, custodite nel coro del monastero, insieme alla scultura lignea del “Cristo coronato di spine” con arti snodabili. E ancora una selezione di contratti notarili, atti di monacazione, libri di contabilità con riportate le donazioni e le mesate versate dalle famiglie delle novizie, oltre a due chicche: la bolla pergamenacea di Papa Paolo III e il cerimoniale del rituale della consacrazione monastica, corredato di immagini e di testi in latino.
A cinquecento anni dalla fondazione del Monastero di Santa Maria delle Vergini, è stata liberata “La bellezza dietro le grate”. Si chiama così la mostra delle meraviglie, custodite nel luogo di culto, allestita nella Galleria Nazionale della Puglia “Girolamo e Rosaria Devanna”. Opere d’arte seicentesche e documenti anche del secolo precedente finalmente ammirabili da tutti, (almeno sino a fine agosto). Fruibile senza alcun costo aggiuntivo rispetto al regolare biglietto per l’accesso al museo.
Un’esposizione, a cura del professor Nicola Pice, «piccola ma pregna», come sottolineato dalla direttrice della Galleria, Carla Scagliosi, «frutto della collaborazione tra diversi enti», amministrazione, diocesi e direzione regionale Musei nazionali Puglia in primis, ma anche «di imprese e professionisti del territorio».
Preziosa infatti la collaborazione del Gruppo Intini srl, che si è occupata del non facile trasporto delle opere. In particolare dell’architetto Alessandro Intini che ha curato l’allestimento degli spazi espositivi, oltre che la grafica insieme a Mimmo Ciocia.
Un lavoro certosino che permette di godere appieno di quanto conservato in quello che madre Mariacarmela Modugno, ha definito «un dito puntato al Cielo, una parola di Dio che ci indica una meta di pienezza di vita, una meta divina che già da qui l’obbedienza amorosa di Gesù ci ha ottenuto di poter conoscere».
«Questa bellezza, fino ad oggi nascosta dietro le grate – il pensiero della madre badessa, letto durante il vernissage dal professore e oblato Emanuele Paparella – diventi esperienza estetica, culturale ed etica dell’oggi di ciascuno di noi e di tutti».
E come augurato da don Andrea Magistrale, ci permetta di «farci noi stessi bellezza, da donare con la cura del territorio».
«”La bellezza dietro le grate” è duplice – ha commentato il curatore Nicola Pice – non solo quelle delle opere d’arte, ma anche delle storie, che si evincono dai documenti, delle suore lì in clausura». A cominciare dalla badessa Rosa de Tauris, fuggita a causa della peste nel 1503. Tornata nella nostra città, insieme ad altre tre monache benedettine provenienti dal Monastero di Santa Scolastica di Bari, nel 1525, anno a cui risale la fondazione del Monastero bitontino. Un luogo di culto immaginato già vent’anni prima.
«Il più antico documento è del 1505 ed è la manifestazione di interesse della Universitas di combinare insieme due vecchi monasteri (santa Lucia e san Nicola), realizzandone uno nuovo nello spazio in cui c’era la chiesa trecentesca di Santa Maria delle Vergini» ha raccontato Pice, a cui è toccato sottolineare anche le particolarità delle opere in mostra e soprattutto dei dipinti: “Orazione nell’orto” e “Agar e Ismaele nel deserto” di Carlo Rosa.
«Un’artista di cui non esiste ancora una monografia» ha lamentato il professore, convinto che “La bellezza dietro le grate” possa fungere da stimolo per colmare questa mancanza.
Un augurio condiviso anche dal sindaco Francesco Paolo Ricci, speranzoso che la mostra possa costituire anche una base di partenza per costruire una «vera rete con arcidiocesi, ministero e sovrintendenza per riaprire i luoghi di cultura di Bitonto. Noi, come amministrazione, siamo pronti a fare la nostra parte».