“Ogni giorno a Gaza si contano centinaia di morti. Eppure sembra non fare più notizia. È come se anche il genocidio fosse diventato routine”. Con queste parole, intense e taglienti, Taysir Hasan – rappresentante della comunità palestinese di Puglia e Basilicata – ha lanciato un grido di dolore durante un incontro pubblico tenutosi in villa Comunale, organizzato dai Giovani Democratici.
L’incontro è stato introdotto dal segretario Nino Colasanto e dal giovane Alex Pilone, moderato da Rossana Perillo (Donne in nero) e con la partecipazione del medico palestinese Bassem Jarbam.
Nel cuore della città, in un contesto di confronto e solidarietà, Hasan ha portato una testimonianza che scuote. “A Gaza – ha raccontato – vivono due milioni e duecentomila persone senza acqua, senza elettricità, senza ospedali, senza scuole. I bambini crescono sotto le bombe, senza conoscere il significato di una notte in pace, senza il diritto a una vita normale”.
Le cifre, secondo il portavoce, sono tragiche e parlano da sole: “Sono oltre 18 mila i bambini uccisi, più di 40 mila quelli mutilati. E chi non muore, resta segnato per sempre: molti hanno visto morire i propri genitori, i fratelli, i vicini. Stiamo distruggendo due intere generazioni. Come cresceranno quei bambini? Come potremo curare ferite così profonde?”.
Ma a ferire, spiega Hasan, è anche il silenzio del mondo: “Le notizie passano in televisione mentre mangiamo. “Oggi 100 morti’, e si cambia canale. Non è che la gente sia insensibile: è che siamo stati abituati, anestetizzati. Ci hanno tolto persino il diritto di indignarci. È questa la vera tragedia: l’indifferenza”.
Hasan non chiede reazioni violente, ma un gesto politico chiaro: “Non chiediamo guerra, né punizioni. Ma almeno che l’Italia e l’Europa interrompano i rapporti con Israele finché continuerà a colpire scuole, ospedali, civili. Anche un’amicizia si interrompe, se c’è un comportamento inaccettabile. È una questione di dignità. È ciò che ha fatto, simbolicamente, anche il presidente Emiliano”.
L’incontro bitontino, tra volti attenti e silenzi carichi di emozione, si è così trasformato in una richiesta accorata: “Fermiamo questa guerra adesso, prima che sia troppo tardi. Per i morti di oggi. E per i vivi, che un domani potrebbero non avere più un futuro”.