Una città come la nostra, che non riesce a schiodarsi dal suo destino di torpido paesone, è sempre un crocevia di luci e ombre, sorrisi e lacrime, splendori e miserie.
Michele Castellano, colui che ha adornato di profumi, colori e meraviglia vicoli e corti del centro storico e non solo, l’artefice di una stagione memorabile di cromie e stupore, proprio non riesce a farsene una ragione.
Sì, non gli pesano gli ormai due lustri pieni di abnegazione, sacrifici e rinunce fatti per donare qualcosa di importante alla città – indelebile è il nostro ricordo di Michele intento ad annaffiare piante alle prime luci dell’alba, spesso perfino deriso da qualche raro passante -, quel che più gli duole è l’indifferenza (“ma ormai ci sono abituato“) di chi dovrebbe accorgersi di questa grande, ineguagliata, unica impresa: “Ma è possibile che la bellezza sia solo qualcosa che riguarda me? Sì, non penso che possa essere una questione di un singolo. Si fa tanto parlare di senso di comunità ed è mai possibile che nessuno si sia accorto di questa forza creativa che è emersa dal basso, di tutte le famiglie che con estrema laboriosità e impegno sconfinato hanno fatto a gara a chi riuscisse a rendere ancora più affascinante il proprio quartiere? Solo io sentivo palpitare come un solo cuore il popolo di Bitonto? E tutti quei visitatori e quei turisti, solo io li vedevo? Dovrebbe essere un motivo di orgoglio e, invece, mai nessuno dell’amministrazione si è mai fatto vedere né ci ha ritenuto degni di una menzione“, si chiede quasi esterrefatto.
“Guarda, se potessi quantificare il numero delle persone che hanno visitato le “Strade dei Fiori”, verrebbero fuori cifre da capogiro. Ed io ne sono felice, ci mancherebbe. Però, quel che mi lascia l’amaro in bocca è la quasi totale assenza di chi amministra la città e avrebbe dovuto far sentire la propria vicinanza a quei cittadini, se proprio non vogliono esprimere ammirazione e apprezzamento per quel che è stato realizzato“, si amareggia Castellano.
Così, per una iniziativa tanto bella che ha fatto registrare un successo di pubblico incontestabile, sull’altro piatto della bilancia grava una solitudine assordante che fa male. “Mi rifiuto di pensare che le cose belle debbano fare sempre una brutta fine, in questa città“, scuote il capo Michele, sconsolato.
“Ma noi continueremo per la nostra via da “soli”, come abbiamo sempre fatto“, conclude e rilancia propositivo.