La Settimana della Legalità, che ha coinvolto fattivamente e attivamente tutte le scuole di Bitonto, non poteva non trovare chiusura più adeguata nel convegno dal titolo “Radici di Legalità, Fiori di Memoria“, avente per oggetto il riutilizzo sociale dei beni confiscati alla mafia, tenutosi nell’aula magna dell’Istituto comprensivo “Sylos”, sede del Presidio scolastico di Libera “Anna Rosa Tarantino”, e moderato con abilità e misura dalla giornalista Viviana Minervini.
Dopo il saluto del sindaco Francesco Paolo Ricci e dell’assessore Christian Farella, che hanno illustrato a che punto è l’attuazione della Legge Rognoni – La Torre nella nostra città, con tutte le peculiarità dei singoli casi e delle prospettive future, la dirigente scolastica prof.ssa Filomena Bruno ha lumeggiato con sapienza quanto e come si intersechi la grande attività educativa con le emergenze del tessuto territoriale su cui opera la scuola.
La professoressa Annalisa Noviello, referente di Libera, ha definito la serie di iniziative “una vera e propria maratona a tema che ha visto tutte le scuole del territorio impegnate in attività che stimolassero le giovani menti a riflettere su temi come Impegno, Giustizia, Memoria, Responsabilità“.
“Temi considerati imprescindibili per Libera la cui identità statutaria si fonda su tali valori. Dai più piccoli ai più grandi, tutti hanno avuto occasione per elaborare pensieri e riflessioni, si è venuta a creare una vera e propria maratona della legalità, tutte le scuole ne sono diventate presidio“, ha proseguito Noviello.
“La confisca toglie potere ai mafiosi e restituisce i beni alla collettività perché li utilizzino socialmente. Ma non è stato sempre così. Nel 1982, quando ancora Libera non si era costituita, la legge Rognoni- La torre, la prima risposta seria dello Stato alla mafia, ha introdotto misure patrimoniali di sequestro e confisca dei beni illecitamente accumulati ma non prevedeva il loro riutilizzo sociale per cui i beni sequestrati alle mafie restavano inutilizzati e per quanto ciò fosse a danno delle mafie, dei portafogli dei mafiosi, lo stato di abbandono in cui versavano, veniva strumentalizzato da parte della malavita, perché lo stesso bene in mano del boss dava lavoro e ricchezza alla povera gente, mentre nelle mani dello Stato diventava vuoto a perdere“, il suo excursus storico, ineludibile ed essenziale.
“La situazione è cambiata con la legge 106 del 1996 che stabiliva oltre che il sequestro, la destinazione dei beni confiscati a fini socialmente utili, così le terre confiscate ai mafiosi possono essere assegnate a cooperative di giovani che, lavorandole, realizzano un antimafia che paga in termini di dignità e libertà dalla mafia. La legge permette che questi beni (case, terreni, aziende, ecc.) siano assegnati al patrimonio dello Stato, alle Regioni, agli Enti locali o, a titolo gratuito, ad organizzazioni del terzo settore per progetti sociali“, ha concluso la prof.
Ospite d’onore Angelo Santoro, responsabile della cooperativa agricola Semi di vita, che a Valenzano ha preso in consegna ettari di terra sottratti alle organizzazioni malavitose.
Con la consueta franchezza, la passione sconfinata ed una ironia raffinata che aiuta a resistere, Angelo ha raccontato: “Abbiamo avviato un grande progetto che si sviluppa su 26 ettari di terreno confiscati alla mafia dove, una volta formati i ragazzi che hanno dimostrato di volersi reintegrare, hanno il desiderio di lavorare e mettersi in gioco, cerchiamo in tutti i modi di farli uscire dal circuito del carcere, portandoli all’esterno e facendoli lavorare sui terreni. L’obiettivo è quello di preparare loro la strada per fargli prendere il volo, con l’augurio che, in futuro, possano andare a lavorare in maniera stabile da qualche altra parte. E non crediate che fosse facile farlo in un comune sciolto per infiltrazioni mafiose, in cui i clan stavano pensando a costruire un college per studenti con un business di svariati milioni di euro. Ecco perché molti mi considerano un “pazzo scatenato”. E non avete idea di quante volte mia moglie ha sofferto quando venivano a casa le forze dell’ordine e magari non c’ero io. Chissà, andiamo avanti sempre e comunque, perché vedere rinascere sui campi ragazzi destinati ad una vita dietro le sbarre e divenuti uomini con noi, non ha prezzo, però certi giorni pure io maledico il mio indice che mi fece cliccare per dare l’invio alla partecipazione a quel bando. Per questo dico alle istituzioni: non lasciate soli quelli che si fanno carico della responsabilità di recuperare un bene confiscato alla mafia“.
I calorosi saluti via etere di don Angelo Cassano, referente regionale di Libera, e di Michele Abbaticchio, vicepresidente di Avviso pubblico, hanno suggellato un pomeriggio intenso di riflessioni e pregno di etici significati.