C’è un dolente paradosso nella già di suo deprimente sconfitta del Bitonto con l’Atletico Acquaviva.
Subendo la doppietta di un ispirato Girardi, la squadra di mister Gino Zinfollino – incredibile dictu – ha perso nientepopodimenoché “l’imbattibilità casalinga“.
Sì, avete letto bene: casalinga. Succede, questa statistica “disgrazia”, a chi si vede espugnare il proprio solido fortino e ci rimane logicamente un po’ male.
Il problema è che, da qualche anno, i nostri leoni hanno sempre i borsoni pronti e sono nomadi fra uno stadiolo e l’altro. Il “Sante Diomede” del quartiere San Paolo e il “Sigismondo Palmiotta” di Modugno, e prim’ancora l'”Antonio Antonucci” di Bitetto, hanno ospitato, con troppo alterne vicende, le esibizioni dei neroverdi.
Di conseguenza, ecco i risultati: una retrocessione dalla serie D e una salvezza sospirata in Eccellenza.
Ordunque, essere ogni domenica in trasferta significa dover affrontare spese a lungo andare pesanti, con esborsi di cifre, che potevano essere destinate ad altri fini, tipo potenziare la rosa.
Di più: allenarsi in settimana dove capita e poi scendere in campo altrove, significa abituare l’occhio del singolo calciatore ad altri spazi, ad altri coni visuali. Spaesandolo, alcune volte.
Insomma, vuol dire collezionare ostacoli da superare, non senza difficoltà.
Ancora: correre, sudare e battersi per la maglia non sentendo sulla pelle il sostegno dei propri tifosi può infragilire, giornata dopo giornata, lo spirito di un gruppo. Nonostante i sostenitori bitontini siano instancabili ed encomiabili per il supporto eccezionale, che mai fanno mancare, ovunque ci sia una gradinata da occupare per cantare ed esultare.
Infine, se non si rientra nell’amato teatro, non ci saranno mai tabelloni e recinzioni da addobbare con gli striscioni dei tanti munifici sponsor, trovati lodevolmente dalla dirigenza.
E allora, non mi resta che chiudere questo pezzo con una sola frase, che è pure una (disperata) implorazione: concludete il prima possibile il cantiere nomato “Città degli Ulivi” e mettetelo a disposizione della massima espressione calcistica della nostra città.
Perchè dei lavori al Comunale di Via Megra – ognora noi consci dei ritardi e degli intoppi “fisiologici” di un’opera pubblica – hanno fatto male soprattutto vedere arrugginire mestamente la tribunetta regalata dall’ex presidente Francesco Rossiello e il valzer, tanto triste quanto prendingiro, delle date di consegna. L’ultima, in ordine di tempo, che abbiamo ascoltato da testimoni auricolari, era quella del 29 luglio, ormai passata da tre mesi e più.
Sì, amministratori e operai, accelerate, fate presto, perché, al netto degli sforzi abnormi e dei sacrifici immani che sta facendo la società e del piccolo grande capolavoro compiuto dai ragazzi sul prato, di qui a poco ci sarà il consueto giro di boa dei club più ricchi, che fanno il punto della situazione e, per rinforzarsi, potrebbero dare l’assalto ai nostri “gioielli”.
Sarebbe assurdo, oltreché inconcepibile, rendere vano quanto di straordinario finora è stato realizzato…
















