Non un gruppo improvvisato, ma una struttura criminale organizzata, in grado di muoversi con metodo, disciplina interna e strumenti tecnologici. È quanto emerge dall’ordinanza del gip di Trani sull’operazione “Long Vehicle”, che ha smantellato un sodalizio responsabile di assalti armati ai tir lungo le provinciali tra le province di Bari e Bat.
Al vertice, per gli inquirenti, Michele Carrara, 48 anni, di Mariotto. Forniva istruzioni precise, gestiva una “cassa comune” alimentata con i proventi delle rapine e divideva gli utili. Il suo braccio destro era Riccardo Guglielmi, 57 anni, di Andria, incaricato di reperire telefoni “puliti”, accompagnare Carrara agli incontri e trasmettere gli ordini. Michele Di Nanni, 66 anni, di Bisceglie, aveva compiti tecnici: individuava i tir da colpire, procurava armi e jammer (dispositivi inibitori di frequenze) per eludere i sistemi di tracciamento, occultava i mezzi e svolgeva ricognizioni dinamiche alla guida di una BMW serie 5. Agostino Di Nanni, 55 anni, di Trani, era tra gli esecutori materiali. A collaborare alle azioni risultano anche Riccardo Di Nanni, 53 anni, di Barletta (obbligo di dimora) e Nicola Sallesio, 52 anni, di Palombaio (arresti domiciliari).
Nell’ordinanza è descritto un gruppo “avvezzo a quel genere di reati”, capace di usare un linguaggio convenzionale di tipo malavitoso, con ruoli intercambiabili: la stessa persona poteva segnalare un obiettivo, bloccarlo, sequestrare l’autista o fare da vedetta a seconda delle necessità. Tutto era pianificato. Prima di ogni colpo, un componente percorreva le arterie Sp238 e Sp231 per monitorare traffico, passaggio di tir e presenza delle forze dell’ordine, mantenendo i contatti attraverso canali di comunicazione non intercettabili.
Dal punto di vista logistico, la banda era estremamente mobile: utilizzava auto rubate (in particolare una Volvo S40, considerata l’auto “di servizio”, ma anche BMW e Renault), le occultava e riutilizzava, applicando targhe sottratte o riciclate a rotazione. Era stata individuata anche una base tra Molfetta e Bisceglie, utile per nascondere i veicoli e organizzare gli spostamenti.
Il modo di operare era sempre lo stesso: affiancamento del tir, blocco “tagliando la strada”, minaccia con l’arma, sequestro dell’autista (talvolta trattenuto su un’altra vettura) e controllo del carico. In un episodio furono esplosi colpi di pistola in aria per intimorire l’autotrasportatore; in un altro, la banda desistette perché a bordo del mezzo c’era il figlio minorenne del conducente. In un ulteriore tentativo, gli indagati rinunciarono perché la merce non corrispondeva a quella attesa, segno di una selezione mirata dei carichi.
Tutti i membri del sodalizio risultano plurirecidivi specifici, spesso per reati analoghi (rapine, armi, sequestro), e questo – sottolinea il gip – conferma la pericolosità del gruppo, ritenuto ancora attivo al momento degli arresti. L’organizzazione, conclude l’ordinanza, “operava in perfetta sintonia, secondo prassi consolidate, dotata di mezzi, ruoli e un preciso modello operativo”.
Un quadro che mostra un salto di qualità: non semplici assalti isolati, ma una vera “impresa criminale” capace di adattarsi, comunicare in codice, muoversi rapidamente e colpire con metodo professionale.

















