No, non è un caso – che è sempre Dio quando non vuol lasciare la firma, per dirla col poeta – che Vincenzo Santoruvo sia volato lassù proprio in questi giorni, in queste ore.
Già il cognome era ed è sicura garanzia di passione per il cuoio, nella nostra sempre un po’ malconcia città. Per il resto, l’insigne, munifico imprenditore ha scritto pagine inobliabili della storia del calcio bitontino. Sul cui palcoscenico sbocciò in un periodo non dissimile da quello che stiamo vivendo attualmente.
I leoni ruggivano stanchi e afoni in Promozione, dopo essere persino scivolati in prima categoria. Lo stadio sull’erta di via Megra era un cantiere in vista dei Mondiali italici del Novanta e delle “notti magiche“, e, spesso, i ragazzi erano in trasferta un po’ ovunque, specie a Palo del Colle.
Ma Vincenzo, spinto anche dell’amicizia con una bandiera neroverde che risponde al nome di Nicola Vitale, si avvicinò al sodalizio neroverde e, senza badare a spese, si mise in luce per generosità, altruismo e lungimiranza.
Il suo operato culminò nella stagione epica dello spareggio col Noicattaro, quando, Barletta invasa dal popolo nostro, solo i rigori decisivi schienarono Gianfranco Cannone – regista raffinato anzichenò -, Paolo Catucci – pendolino tutto corsa e tecnica -, Luigi Marrone – inafferrabile, strabiliante saetta – e compagni. Il sorteggio, però, premiò i nostri eroi, strenui rivali dei nojani per tutta la stagione.
E così artigliammo con ampio merito l’Interregionale, ove l’impegno profuso, massime economico, per soprammercato accrebbe, e in un finalmente smeraldino “Città degli Ulivi”, cominciammo ad ammirare pedatori da giungevano qui da eccelse categorie, quali, tra gli altri, Giampiero Cardinali, già stato addirittura in serie A col Catanzaro, il portiere dai mille voli Gianni Sasanelli, i fratelli Tommaso e Luigi Ciocca, lindi e inconsutili, il rientrante, imperiale Mimmo Del Re. In panca, nientepopodimeno che il professionista Gilberto Schino.
(Parentesi fondamentale: sono memorie mie fallaci, ergo chiedo già umilmente venia se, nel fornire un parziale elenco, non ho citato il nome di qualche altro campione. Spero vogliate perdonarmi…)
La contemporanea crescita del settore giovanile – ecco, quando tutto va a gonfie vele e il momento che si vive si può definire “età dell’oro“, ogni singolo dettaglio rifulge e si incastra alla perfezione con gli altri -, permise a tanti virgulti nati all’ombra del Torrione Angioino di affermarsi in campo pure nazionale. Uno su tutti: Massimo Pizzulli, ala mancina lungochiomata e inebriante.
Memorabile una comparsata TV del presidente, che regalava il nostro olio al conduttore e al collega avversario: altro piccolo insegnamento disatteso da questi amari giorni: l’oro verde nostrano non da noi fieramente pubblicizzato, ma a noi cinicamente scippato.
Poi, una sventurata retrocessione, più determinata dal tavolino che dal rettangolo di gioco, e quell’epoca felice pian piano s’ammantò di malinconia e Santoruvo divisò di tirare i remi in barca, quando, però, alla causa aveva donato in gran copia anima e cuore.
E il ricordo di questa presidenza luminosa a lungo ha segnato la memoria dei bitontini, tanto che, ogni volta che la squadra navigava in acque malcerte, subito si invocava il nome di Vincenzo Santoruvo come provvidenziale salvatore della patria.
Da ieri, purtroppo, non sarà più possibile farlo. Perché Vincenzo è per le dolci praterie del cielo, che, col “suo” gladiatore Nanuccio Naglieri, amabilmente parla di come sarà il pallone bitontino domani.
E, viste le gesta dei tralignanti suoi epigoni, non mi pare che sorridano…