DI CARMELA MINENNA
5 novembre 1925.
Esattamente un secolo fa, la città di Bitonto è in festa: suonano le campane, la gente corre in piazza, persino la chiesa fa la sua parte e nel tempio romanico si spalancano le porte per accogliere il Capitolo Cattedrale e il popolo dei fedeli, pronti ad intonare il Te Deum. Questo raccontano le cronache del tempo.
Bitonto non è l’unica città in festa. Tutta l’Italia fascista esulta per lo sventato attentato a Benito Mussolini. Il primo dei sei attentati.
Solo 24 ore prima, tutto era pronto nella stanza n.90 dell’hotel Dragoni, esattamente di fronte al balcone di palazzo Chigi dal quale si aspettava il saluto del duce per l’Anniversario della vittoria. Il fucile a canna era pronto a far fuoco. Ma qualcosa non funziona (forse per una soffiata della contessa Martin, amante del duce e dell’attentatore) e il deputato Tito Zaniboni viene arrestato prima di poter premere il grilletto.
Con la complicità della radio, efficace strumento della propaganda fascista, la notizia raggiunge tutte le case, entra nel ritmo abitudinario del quotidiano, irrompe nelle strade di paesi e di città, condita con il sensazionalismo che la macchina pubblicitaria del regime sa costruire. Al resto ci pensano i tanti del popolo, inconsapevoli costruttori di una propaganda ideologica.
Anche a Bitonto non manca l’iniziativa di allestire una teatralità di regime che, come eco sopita e soffocata dall’involuzione del nazifascismo, torna a riaffiorare dalle carte consumate dal tempo.
«A Bitonto – annota l’archiviario Cerrotti – si fece solennissima festa in tutta la giornata: la sera un immenso popolo, preceduto dall’unione di tutti i fascisti della città e con parecchie bandiere, dopo un lungo e solenne giro di trionfo, portandosi processionalmente il ritratto del gran Duce d’Italia, l’on. Mussolini inghirlandato di fiori naturali ed attorniato dai lumi a luce elettrica, si recò in Cattedrale» (Archivio Storico Diocesano Marena, Bitonto, fondo Cerrotti, cc.vv.).
Ma il popolo, si sa, è facile agli entusiasmi. E tra i volti anonimi che il manoscritto non annota, non ci si stupirebbe di individuare gli stessi che nel biennio rosso 1919-1920 avevano affollato le piazze di Bitonto o quanti avrebbero di lì a poco deposto la camicia nera.















