Parigi, dunque, val bene una Davis.
Ieri, alla Défense, tra gli algidi grattacieli della finanza d’Oltralpe, nel quartiere più volto ad occaso della Ville Lumière, Jannik Sinner ha arricchito il suo palmarès con il trionfo inedito nel Masters 1000 parigino, ultima liturgia dell’anno prima del Gran Ballo degli Atp Finals, in programma a Torino dal 9 al 16 Novembre prossimi.
Due set rifilati al sempre signorile Félix Auger-Aliassime, che pure sperava nella qualificazione in extremis alle dette Finals, ma che nulla ha da rimproverarsi in una stagione in cui ha finalmente dismesso i panni dell’abatino dai gesti bianchi e cominciato a fare un po’ più sul serio.
C’era, per Sinner, un conto aperto da saldare con Parigi, dopo la finale scorsa del Roland Garros, persa à la Rocambole.
Ed in un certo senso, sì, è stata revanche, visto che Sinner dopo Vienna e Parigi, ha ottenuto il risultato di tornare nella sua San Candido lassù, proprio lassù, in vetta…
Evento riuscito, il Masters 1000, gli spalti gremitissimi e tanta Francia tennistica tra gli spettatori: in prima fila, l’altro celebratissimo Yannick, quel Noah campione a Parigi nell’ottantatré, treccine rasta al vento e smash con balzo ante litteram, che ha poi premiato Sinner; e c’era anche Henri Leconte ed il direttore del torneo, Pioline.
Sinner è apparso in buona forma, e questa non è mai una buona notizia per i suoi avversari. Dai fondamentali al servizio, fino al gioco a rete, che da qualche tempo pare qualcosa di più di un mero sollazzo pour épater le bourgeois, l’idolo dei Carota Boys è parso più di una spanna sopra l’ottimo Aliassime, che comunque meriterebbe un gradino più alto dell’attuale n. 8.
Detto tra noi, un luigino d’oro su questo ragazzo canadese lo punterei ancòra. Tre luigini sulla forza mentale di Sinner, che sa trasferire nel braccio tutte le fibre della sua caparbietà, e con merito torna ad essere il miglior tennista al mondo.
Sul vetro della telecamera in campo, per ringraziare tutti, Jannik ha scritto: “Grazieee” (con qualche “e” in più). Ma in Italia qualche buontempone ha temuto volesse scrivere: “Danke”…

















